Referendum trivelle, è flop: alle urne il 31%. Renzi alle Regioni: basta demagogia

Referendum trivelle, è flop: alle urne il 31%. Renzi alle Regioni: basta demagogia
di Mario Stanganelli
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Lunedì 18 Aprile 2016, 07:56 - Ultimo aggiornamento: 13:36

Come da previsioni, il quorum del referendum sulle trivelle è rimasto lontano. Più di quanto si aspettassero i promotori del sì, che pure nel corso della giornata, nonostante i poco incoraggianti dati parziali sull'affluenza, non avevano mancato di esercitarsi in appelli ottimistici sull'esito della consultazione. Che invece ha visto l'affluenza fermarsi al 31,18 per cento, 19 punti sotto la soglia di validazione del referendum.


Matteo Renzi, che non aveva esitato a sfidare gli avversari con il suo appello all'astensione, in conferenza stampa subito dopo la chiusura dei seggi, ha detto, rivolto ai paladini del referendum, che «la demagogia non paga» e che «tra i vincitori non c'è il governo, ma gli operai, gli ingegneri e quanti domani torneranno ai loro posti di lavoro e sulle piattaforme». Tra i perdenti il premier non mette «i cittadini che sono andati a votare: chi vota non perde mai - ha detto - ma quei pochi consiglieri e qualche presidente di Regione che hanno voluto la conta a tutti i costi, cavalcando il referendum per ragioni personali».

Le polemiche sono andate avanti per tutta la giornata, soprattutto all'interno del Pd. A scatenare le reazioni sul web è stato un tweet del renziano Ernesto Carbone che ha salutato con un «ciaone» il quorum mancato. Ma anche la più pacata dichiarazione del vicesegretario Lorenzo Guerini che prevedeva un risultato «migliore delle nostre aspettative», aveva innescato la reazione di alcuni dei promotori del sì come i presidenti dem della Puglia, Michele Emiliano, e della Basilicata, Piero Lacorazza. Quest'ultimo, alla guida della Regione che, vivendo sul proprio territorio lo scandalo dei petroli, è stata la sola a raggiungere il quorum, affermava che, al di là del risultato finale, l'alta partecipazione popolare «costituirà un importante segnale politico». A seguire la Basilicata nell'affluenza è la Puglia con il 42% e il Veneto con il 38. Ultima, con il 26%, la Campania il cui presidente Vincenzo De Luca a differenza dei suoi omologhi e compagni di partito di Basilicata e Puglia, ha definito questo referendum «una palla».

CARICHE ISTITUZIONALI
A recarsi alle urne, sono stati tutti i leader dei partiti di opposizione da Salvini alla Meloni a Beppe Grillo, ma con l'eccezione di Silvio Berlusconi che ha preferito andare alla Fiera del mobile. Ai seggi pure il leader della minoranza dem Roberto Speranza. Lo stesso hanno fatto, anche per la consuetudine che coinvolge le più alte cariche dello Stato, Sergio Mattarella, nella sua Palermo, la presidente della Camera Laura Boldrini e quello del Senato Pietro Grasso. Ligi al richiamo delle urne anche i predecessori di Renzi a palazzo Chigi, Enrico Letta e Romano Prodi (per il no). Astenuto, invece - come molti altri esponenti della maggioranza - Pier Ferdinando Casini.

Ad urne aperte sono cominciati anche i conti sul merito dei quesiti. A scrutinio non ancora completato i sì erano l'85% contro il 15 dei no. Dato che alimentava il contrattacco del fronte del sì, con Emiliano che, negando la sconfitta, vedeva un «successo strepitoso» nella partecipazione al voto «di 14 milioni di elettori», da cui faceva discendere «il necessario impegno del governo a cambiare la politica industriale ed energetica del Paese».

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