Viaggio nell'Ohio, lo "Swing State" che incorona i presidenti

Viaggio nell'Ohio, lo "Swing State" che incorona i presidenti
di Anna Guaita
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Martedì 15 Marzo 2016, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 19:12

Ohio – C’è uno Stato negli Usa che racchiude in sè i caratteri dell’intero Paese: qui c’è un po’ della cultura internazionale e filo-europea della costa orientale, un po’ della cultura agraria delle grandi praterie, un po’ di quella conservatrice e religiosa del sud, un po’ di quella della rust-belt industriale. Ci sono grandi città e grandi spazi vuoti, fiumi e laghi, e tutte le etnie vi sono rappresentate. Non è un caso che l’Ohio, uno degli “stati in bilico” che a ogni elezione presidenziale tiene i candidati col fiato sospeso, sia noto come “il microcosmo d’America”. Un microcosmo per di più che sembra andare d’accordo molto meglio che non i candidati sul podio.
 


 
 
Gli studenti ad esempio, sono più attivi che altrove, ma paiono anche più tolleranti, repubblicani o democratici che siano: “Molti di noi sono preoccupati della salute fiscale del nostro Paese – spiega Jay Jackson, della Ohio State University a Columbus, repubblicano laureando in neuroscienze -. Per la generazione di noi Millennials i temi morali sono una scelta privata. Politicamente ci interessa evitare di trovarci, fra 40 anni, con un Paese che non riesce a tenere testa ai suoi doveri fiscali”. All’Ashland University, è Madeleine Emholtz, laureanda in Storia, che echeggia una visione repubblicana più moderata di quel che i candidati abbracciano: “L’idea di deportare 12 milioni di clandestini è moralmente inaccettabile. Bisogna trovare il modo di renderli legali, e poi però bisogna riformare le leggi sull’immigrazione e farle rispettare”. Due democratiche, una per Bernie Sanders e una per Hillary Clinton, sembrano a loro volta più in sintonia dei rispettivi candidati: “Io voglio votare per Sanders perché credo che rendere l’università accessibile finanziariamente per tutti sia un vero passo verso la stabilità economica – spiega Caroline Drotar, laureanda in scienze politiche all’Akron University -. E tuttavia, se sarà Hillary a vincere la nomination, beh... voterei per lei”. Le fa eco Emily Maher: “Mi sono impegnata per Hillary, perché credo che sia più preparata e mi piace il lavoro che ha fatto per i diritti delle donne... Ma se fosse nominato Sanders, voterei per lui”.
 
 
Se altri Stati stanno facendo resistenze contro l’arrivo di rifugiati, qui nell’Ohio continuano ad arrivare, quietamente, dopo gli attenti e lunghi controlli di background. In questo viaggio che il Dipartimento di Stato ha organizzato per la stampa estera, abbiamo avuto modo di incontrare i volontari delle “Catholic Charities” che nella sola area di Cleveland ne accolgono fra i 300 e i 400 all’anno. Tom Mrosko ci ha spiegato come le parole del Pontefice lo stiano aiutando in un compito che in questa rovente stagione elettorale rischierebbe di diventare difficile: “Papa Francesco dà la voce a chi non ce l’ha, ci insegna ad avere misericordia, mentre i politici cercano invece di insegnarci ad avere paura”. Hilary Lucas, a soli 26 anni, è la”job developer” dell’organizzazione, la persona che aiuta afghani e iracheni, pakistani e nigeriani a trovar lavoro: “Molti arrivano qui stroncati da esperienze terribili, piegati. La prima cosa che dobbiamo loro insegnare è ritrovare fiducia, e guardare da pari a pari in faccia la persona che hanno davanti” spiega mentre ci porta a visitare i mercati generali di Cleveland, dove tanti rifugiati hanno trovato sistemazione. Li vedi dietro montagne di arance e uva, zucchine e carote, dietro banconi pieni di pane appena sfornato, dolci al miele, formaggi, olive, e ognuno saluta Hillary e Tom come vecchi amici.
 
 
Il viaggio attraverso lo Stato ci ha portato anche nella comunità agricola di Bellville dove grandi fattorie di migliaia di ettari coltivano soia, la colonna portante della produzione agricola dell’Ohio. Decine di agricoltori e di piccoli imprenditori sono stati invitati a casa di Tom Whatman, proprietario di una fattoria che produce fieno e attivista repubblicano da oltre 25 anni. Fra democratici e repubblicani, sembra esserci un accordo generale: anche coloro che trovano Trump interessante per la sua posizione a favore di una revisione di tutti gli accordi commerciali, sono poi allarmati dal tono della sua campagna. La signora Zoi Romanchuk ad esempio dice: “Noi abbiamo una piccola azienda di pezzi di ricambio per macchine agricole, Trump potrebbe aiutarci, ma mi preoccupano certe sue posizioni aggressive verso le minoranze”.
 
 
Tolleranza e civismo non significano tuttavia che i repubblicani dell’Ohio si rifiuteranno di votare per Trump se vincesse la nomination: “Noi preferiamo il nostro governatore, John Kasich - spiega il presidente del partito repubblicano dell’Ohio, Matthew Borges -. Troviamo che Trump ha posizioni razziste e misogine. Ma se fosse lui ad avere la nomination, sarebbe sempre meglio di quella corrotta di Hillary Clinton e di quel socialista di Bernie Sanders”.
 
 
Se c’è un gruppo che invece non troverebbe nessuna possibilità di compromesso con Trump, sono gli islamici. L’Islamic Center di Cleveland ha aperto le sue porte al gruppo di giornalisti, e i suoi membri hanno rivelato che per loro la scelta è fra Hillary e Bernie. Sotto l’immenso lampadario di cristallo che campeggia nella moschea bianca e oro, ragazzi e anziani, donne e uomini spiegano che “Trump non è un vero americano” perché propone di schedare la gente, “come facevamo i nazisti”. Isam Zaiem, presidente del Council on American-Islamic Relations protesta: “Il terrorismo non dovrebbe esistere, dovrebbe essere zero. Ma chiamarci tutti terroristi, quando siamo 1 miliardo e 600 milioni è una grave colpa”. E Hala Sanyurah, un’alta ragazza dagli occhi blu, che sopra la tunica indossa un giubbotto di jeans, e sotto sfoggia scarpe rosse con tacchi alti, protesta che i media sono pronti a registrare ogni atto di violenza commesso da un islamico, ma raramente si occupano delle iniziative di pace. Proprio qui a Cleveland, racconta Hala, si tengono “I tè della pace”, che riuniscono esponenti di tutte le religioni per un pomeriggio di tè, pasticcini e chiacchiere amichevoli nel nome della pacifica convivenza, “ma sui giornali nessuno ne parla mai”. 

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