Missionario in Kenya violenta quattro ragazzini: «Seguivo i piani di Dio»

Missionario in Kenya violenta quattro ragazzini: «Seguivo i piani di Dio»
di Federica Macagnone
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Martedì 8 Marzo 2016, 14:12 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 09:26
Passerà i prossimi 40 anni in carcere. Una vita spezzata sul nascere, quella di Matthew Lane Durham, ex missionario 21enne di Edmond, nell'Oklahoma, condannato per aver violentato nella primavera 2014 quattro ragazzini tra i 5 e i 14 anni mentre prestava servizio come volontario nella Upendo Children's Home, un orfanotrofio di Nairobi, in Kenya. Matthew, che è stato anche condannato a pagare un risarcimento di 16mila dollari, ha ascoltato la sentenza senza tradire la minima emozione. «Tutto quello che volevo era seguire i piani che Dio aveva preparato per me» ha detto al giudice.

L'accusa aveva specificato che il ragazzo, volontario fin dal 2012, aveva preso di mira i ragazzini tra aprile e giugno di due anni fa, e aveva chiesto di condannarlo a 120 anni di carcere, con l'ulteriore condizione di porlo sotto sorveglianza a vita se per qualunque motivo fosse uscito dal carcere. La giuria di 12 membri aveva giudicato colpevole Matthew su sette capi d'imputazione, ma a gennaio il giudice lo aveva assolto da tre delle accuse. La stessa giuria aveva comunque respinto la tesi secondo la quale Matthew avrebbe pianificato gli abusi già prima di lasciare gli Usa per andare in Kenya.

Per testimoniare al processo in udienza a porte chiuse sono arrivati negli Usa cinque bambini dell'orfanotrofio e i funzionari della struttura. «I reati commessi da Matthew sono di una gravità assoluta - ha detto l'accusa - Ha stuprato o molestato sessualmente con la forza o con le minacce quattro bambini tra i 5 anni e i 14 anni, alcuni più volte, in un arco di soli 33 giorni». Il pubblico ministero ha anche sottolineato come la vicenda abbia avuto un effetto raggelante sulla vita di decine di volontari stranieri in Kenya e in altre località: «Ora devono vivere sotto la cappa del sospetto e della diffidenza mentre svolgono la loro opera di volontariato e mettono a disposizione le loro risorse per migliorare la vita dei bambini africani. Si è creata la percezione che tra i volontari si nascondono dei pedofili».

Tra le prove prodotte dai pubblici ministeri ci sono anche le confessioni di Matthew, scritte a mano dopo essere stato messo sotto accusa. L'avvocato difensore, Stephen Jones, sostiene però che si tratta di confessioni estorte con le minacce dai funzionari dell'orfanotrofio che avrebbero isolato il ragazzo, gli avrebbero tolto il passaporto e lo avrebbero messo sotto accusa per ottenere dal governo Usa 17mila dollari di risarcimento per poter comprare delle telecamere di sicurezza.

Jones, che preannuncia un ricorso in appello, descrive Matthew come un adolescente emotivamente vulnerabile in lotta con la propria identità sessuale e il proprio sviluppo, ma anche come un cristiano devoto. Una definizione, quest'ultima, che mal si concilia con le accuse che lo hanno portato alla condanna.
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