Myanmar, strage in una miniera di giada: recuperati 100 cadaveri, un centinaio i dispersi

Myanmar, strage in una miniera di giada: recuperati 100 cadaveri, un centinaio i dispersi
di Federica Macagnone
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Domenica 22 Novembre 2015, 19:49 - Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 17:54
Un'ecatombe: è di cento morti il primo bilancio di una frana in una miniera di giada in Myanmar. Un numero destinato ad aumentare, considerato che le speranze di

ritrovare un altro centinaio di dispersi ancora in vita si affievoliscono di ora in ora.

La frana è avvenuta intorno alle 3 della scorsa notte a Hpakant, dove una montagna di detriti minerari è crollata su una baraccopoli dove vivono i lavoratori della miniera.



«Non sappiamo quante persone esattamente sono rimaste sepolte, visto che non abbiamo dati che ci consentano di sapere in quanti vivano lì - ha detto Tin Swe Myint, capo del Dipartimento dell'Amministrazione di Hpakant Township - Era una baraccopoli dove i lavoratori vivono in tende di fortuna. Nessuno sa con certezza quanti fossero e da dove venissero». I lavoratori, molti dei quali sono immigrati, faticano lunghe ore in condizioni pericolose e con paghe da miseria alla ricerca di pietre preziose.



Non è chiaro che cosa abbia innescato la frana nella regione montuosa, che è quasi interamente off limits per gli stranieri. Certo è che le miniere e le discariche di detriti sono pericolose e gli incidenti mortali sono comuni: pare che le vittime alloggiassero a ridosso dei detriti estratti dalle compagnie, enormi cumuli che hanno ceduto schiacciandoli durante il sonno.



«Abbiamo sentito un forte rumore e ho visto un'enorme montagna di materiali crollare. Si è alzato un polverone gigantesco che ha avvolto tutta l'area - ha detto Ko Sai, un lavoratore di una miniera vicina a quella dove è avvenuta la frana – È stato come in un incubo». Nonostante gli sforzi dei mezzi di soccorso per trovare i superstiti, la speranza di trovare ancora qualcuno vivo sotto le macerie è minima.



Il mercato cinese. La gran parte della giada prodotta nell'area di Hpakant è tra la più ricercate del mondo. Una zona appetibile, soprattutto, per la Cina dove la pietra è molto apprezzata: il suo commercio rappresenta un quinto degli introiti provenienti dalle esportazioni birmane. Tuttavia non tutto il commercio avviene alla luce del sole: secondo Global Witness, gruppo che indaga sull'uso improprio delle entrate provenienti da risorse naturali, si stima che il valore della produzione di giada in Birmania, nel 2014, sia stato di circa 31 miliardi di dollari: di questi, visto che la maggior parte della giada viene destinata al mercato cinese, solo 12,3 miliardi sono stati contabilizzati nei dati commerciali cinesi.



«Le grandi aziende, molte delle quali di proprietà di famiglie cinesi, influenti personaggi birmani, militari, compari e signori della droga o kachin, tra cui i leader degli eserciti separatisti, stanno facendo centinaia di milioni di dollari all'anno con il loro bottino racimolato a Hpakant - ha dichiarato Mike Davis di Global Witness – I lavoratori sottopagati, invece, vengono sepolti vivi nelle frane di queste miniere».