Sollecito scarica Amanda: «La sera del delitto non era con me»

Sollecito scarica Amanda: «La sera del delitto non era con me»
di Italo Carmignani
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Lunedì 30 Giugno 2014, 01:14 - Ultimo aggiornamento: 1 Luglio, 10:59

PERUGIA Ora la speranza appesa a una mancata verit e segna l’orgoglio egoista di un giovane barese, Raffaele Sollecito, quanto la fine di una complicit, quella con Amanda Knox. Perché l’amante di un tempo, passato con l’americana attraverso le forche di tre processi per la morte violenta e barbara della studentessa inglese Meredith Kercher, uccisa a Perugia nella notte di Halloween di sette anni fa in un piccola villetta a ridosso del centro, ora ha deciso di raccontare solo quello che è certo, solo quello che è vero.

In attesa dell’udienza per sapere se la Cassazione accoglierà l’istanza dei suoi difensori, Luca Maori e Giulia Bongiorno, per riaprire il caso una seconda volta, Raffaele Sollecito, una laurea in informatica presa in carcere, una casa sul mare di Puglia, un pizzico infinitesimo di suo dna sul gancetto del reggiseno di Meredith pronto a inchiodarlo, fa sapere questo: «Quella notte è certo che io era a casa mia a Perugia. Niente altro è sicuro».

E quel niente altro può significare solo questo per il buon senso e la logica: non è più così certo che quella notte, quando Mez venne uccisa a coltellate dopo avere subito il supplizio dello strangolamento nella sua piccola stanza studentesca, a casa di Raffaele ci fosse anche l’americana di Seattle, come Raffaele condannata, assolta e poi di nuovo condannata, a 28 anni e mezzo, tre in più del suo amante di un tempo. Come succede alle amanti troppo esigenti, Amanda Knox, un contratto da quattro milioni di dollari per raccontare la sua verità sul delitto in un libro, un ritorno in America tra lacrime e applausi per l’assoluzione prima e ora una permanenza di grida per la condanna, subirebbe il destino cinico e baro riservato agli amori stanchi, essere scaricata.

NUOVA STRATEGIA

Oltre l’amore e l’odio, in queste storie di processi e cavilli contano le carte. Così nelle 450 pagine di appello alla Cassazione ci sono tutti gli indizi per poter delineare quella che sembrerebbe essere la nuova strategia della difesa, differenziare le posizioni. Perché ora «Raffaele pensa solo a se stesso». Ma non basta. «Fra i numerosi vizi che il procedimento impugnato presenta - scrivono i legali - balza agli occhi quello legato alla ritenuta impossibilità di differenziare le posizioni degli imputati». Scripta manent, così torna in auge il memoriale di Amanda, in cui di fatto viene descritto il delitto anche se in terza persona, per differenziare ruoli e ricostruire la notte maledetta. «Stando al contenuto del memoriale, nel quale Amanda Knox aveva parlato al singolare a proposito degli accadimenti di via della Pergola, l’americana ha posto soltanto se stessa sul luogo del delitto al momento dell'urlo». E ancora: «Sul coltello e sulla lama è stato trovato solo Dna di Amanda e non sono state repertare ed esaltate al luminol tracce miste Sollecito e Kercher all'interno della casa».

L’ULTIMO AFFONDO

«Il teste Quintavalle - scrivono ancora gli avvocati - ha affermato di aver visto Amanda Knox il mattino del 2 novembre, non ha menzionato la presenza di Sollecito in quei frangenti». «Raffaele non conosceva Rudy Guede (il terzo condannato per l’omicidio) e non aveva alcuna ragione per volere la morte di Meredith Kercher». Quindi l’ultimo affondo: il pubblico ministero, né le altre parti hanno mai chiesto l'esame dell'imputato Sollecito, il quale pertanto non si è mai avvalso della facoltà di non rispondere, anzi egli è intervenuto più volte in dibattimento rilasciando spontanee dichiarazioni, anche a chiarimento di taluni punti, avendo preso parte attivamente ai processi di primo grado, d'appello e di rinvio». Vero, ma ogni processo era partito da un assunto preciso dei due imputati, quasi un coro: quella notte noi eravamo a casa di Raffaele, insieme. Ora il ribaltone, lei non c’era. In autunno, alla caduta delle foglie e delle bugie, la risposta della Cassazione.

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