Berlusconi: «Grasso braccio politico delle procure». E ora il Cavaliere si appella a Renzi

Silvio Berlusconi
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Giovedì 6 Febbraio 2014, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 11:56
Il Cavaliere arriva a Roma e trova la sorpresina. Anzi la bomba Grasso. La prima reazione di Silvio Berlusconi arriva all’ora di cena.



La prima reazione è rivolta non all’ex giudice - però passa poco e sbotta: «Grasso resta un vero pm di sinistra» - ma ad alcuni senatori che lo chiamano per trasmettergli la loro indignazione e rabbia. «Poi dite che io - così si lamenta il leader di Forza Italia - esagero a parlare male dei magistrati. Quelli non cambiano mai, e perfino Grasso che sembrava uno dei meno peggio, si è rivelato proprio come tutti gli altri». E il Senato, anzi la presidenza del Senato? «Ha scritto una pagina orrendissima. Si è prestato ad essere il braccio politico delle Procure». No, non se lo aspettava un esito così clamoroso Berlusconi per quanto riguarda la decisione piovuta ieri sera. L’ipotesi peggiore che si era fatta era quella di un pareggio nell’ufficio di presidenza, sul Senato che si costituisce parte civile nel processo sulla compravendita dei parlamentari, e non dava affatto per scontato che Grasso avrebbe poi votato contro di lui - come si diceva alla vigilia - rompendo la prassi secondo cui il presidente evita di dire la sua in questioni del genere. E invece, questo non è accaduto, è successo di peggio. E adesso? Un brutto colpo alla pacificazione. «Renzi - s’infervora l’ex premier - se vuole andare avanti nell’iter delle riforme deve fermare i kamikaze». I quali, ieri sera, in giro per i corridoi e nelle salette di Palazzo Madama, festeggiavano così la decisione presa: «Nel centrodestra devono capire che Berlusconi è un fantasma, è politicamente morto».



Al Cavaliere non è bastato vedere con soddisfazione il centrodestra tutto riunito come un tempo in nome della sua difesa da quelle che considerano aggressioni dei giudici. Anzi, un centrodestra allargato anche a Scelta Civica, su cui ha avuto buon gioco la moral suasion del capogruppo forzista Paolo Romani, una colomba trattativista di buon mestiere. Ma niente, vedere Casini, Alfano e tutti gli altri che si compattano intorno a lui è un piacere che non supera la rabbia. «Non ci si può fidare dei magistrati, e questo si sapeva», si sfoga il Cavaliere: «Ma credevo che Renzi avesse già cominciato a cambiare il Pd. E invece quelli forcaioli erano e forcaioli restano. Perdono il pelo ma non il vizio». E così anche Grasso. Nonostante a suo tempo fosse stato proprio l’ex numero uno della Direzione nazionale anti-mafia a parlare così dell’allora premier in una trasmissione alla radio: «Darei un premio speciale a Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia».



DOCCIA FREDDA

La doccia fredda ha funzionato così sugli azzurri. E anche sul loro leader. Nell’ufficio di presidenza vincono la partita dei numeri, 10 a 8, e i senatori forzisti cominciano a festeggiare, viene subito avvertito Silvio che tutto è andato meglio del previsto, ma poi... Si sente nel palazzo un grande applauso, è quello dei senatori democrat che dai loro smart-phone hanno appreso la decisione di Grasso, e i berluscones di colpo passano dalla soddisfazione allo scoramento. Francesco Nitto Palma si sfoga in corridoi: «Ma allora Grasso, se aveva già deciso che cosa fare, perchè ha convocato l’ufficio di presidenza». Da dentro al Senato, ma anche da fiori con falchi e pitonesse che digrignano i denti, sono molti a ragionare come Daniela Santanchè: «Qui c’è stato lo zampino di Napolitano». E Luca D’Alessandro: «Grasso cerca un posto al sole nel pantheon dei forcaioli. Nella speranza che questo atteggiamento un domani lo porti al Quirinale». Un ragionamento che anche Berlusconi condivide. E che serpeggia e monta nei capannelli dei senatori azzurri ieri sera, durante il voto sulla mozione contro l’ingresso delle grandi navi a Venezia: «Rischiamo di ritrovarci Grasso al posto di Napolitano. Quei due stanno preparando la staffetta sul Colle». Sfoghi. Dietrologie. C’è chi, tra gli azzurri, collega la vicenda del Senato - con i democrat impietosi contro Silvio e insensibili al rischio che salti tutto l’accordo istituzionale tra loro e il leader forzista - alla voglia di Renzi di andare a Palazzo Chigi subito e senza passare per le elezioni. Ovvero: Matteo, con questa mossa «giustizialista e giacobina», vorrebbe farsi vedere duro e puro così da farsi accettare in tutte le sue mosse sul governo e sul resto dall’opinione pubblica di sinistra. Berlusconi si fa un film più semplice ma secondo lui di assoluto neo-realismo: «Hanno visto dai sondaggi che noi vinceremo anche le prossime elezioni, e si sono messi spavento. Quindi mi devono eliminare. Ma non ce la faranno neanche questa volta. E se andiamo al governo noi, per Grasso altro che Quirinale!».