Quarantotto,13 gradi di latitudine Nord e 38,6 di longitudine Est.
Sono le coordinate terrestri della sciagura aerea che ha coinvolto il Boeing 777 della Malaysia Airlines (la stessa dell’aereo in volo da Kuala Lumpur a Pechino con 239 persone a bordo scomparso, e mai ritrovato, l’8 marzo) partito ieri alle 12,15 (italiane) da Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur. A bordo 283 passeggeri (di cui 80 bambini) e 15 membri di equipaggio: sono tutti morti.
NUBE DI FUMO
Il contatto con l’aereo è stato perduto quattro ore dopo il decollo poco prima che entrasse nello spazio aereo russo.
Poco dopo a parlare è un portavoce del ribelli filorussi il quale nega che i separatisti abbiano in dotazione armi in grado di raggiungere quell’altitudine. Ma ormai la miccia dello “sfruttamento” della tragedia è accesa ed ecco il presidente ucraino, Petro Poroshenko, affermare che si tratta di «un atto terroristico». Replicano i separatisti: ad abbattere il jet è stato un missile lanciato dall’esercito di Kiev.
LE NAZIONALITÀ
Mentre i due fronti si rimpallano la colpa, dallo scalo di Schipol, ad Amsterdam, cominciano a filtrare le notizie sulla nazionalità dei passeggeri: oltre 150 olandesi, una ventina Usa, 27 australiani, almeno 4 francesi, altrettanti tedeschi, 6 britannici, 23 malesi, 11 indonesiani. Sia all’aeroporto di Amsterdam che in quello di Kuala Lumpur vengono attrezzate zone per accogliere i parenti delle vittime. In serata viene ritrovata la scatola nera e i separatisti, che controllano la zona, annunciano che è loro intenzione consegnarla alle autorità russe.
«Rivolgiamo un appello a tutte le parti nella regione in cui l'aereo è precipitato, affinché forniscano pieno accesso al sito, in modo tale che possa essere messo immediatamente in sicurezza, di cooperare pienamente, e di condividere tutte le informazioni di rilievo» chiede l'Alto rappresentante della Ue Catherine Ashton che sollecita «un’indagine internazionale». Per sapere di che colore è il colpevole di una tragedia dai risvolti imprevedibili.