Lo stupro di Roma, fermato un romeno: tradito dal telefonino

Lo stupro di Roma, fermato un romeno: tradito dal telefonino
di Michela Allegri e Alessia Marani
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Domenica 16 Settembre 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 09:21

ROMA «Sì, ho consumato un rapporto sessuale con quella donna, ma eravamo ubriachi e lei era d’accordo, non la ho obbligata». Alle due di venerdì notte, dopo un lungo interrogatorio, i magistrati dispongono il fermo per Damian Danut Suli, romeno di 37 anni, con le accuse di violenza sessuale aggravata, rapina e lesioni. Per gli inquirenti non ci sono più dubbi: è lui ad avere stuprato la badante italiana di 54 anni davanti alla sede del Viminale, la notte del 13 settembre, in via Agostino Depretis, nel centro di Roma, approfittando del suo stato di fragilità, dovuto a una profonda depressione. La vittima lo ha riconosciuto nelle foto che le hanno mostrato gli agenti della Squadra Mobile. Quando lo hanno perquisito, i poliziotti hanno trovato nelle tasche di Suli - che ha precedenti per furto, rapina ed estorsione - anche il telefonino della vittima e i 70 euro che le avrebbe strappato di mano prima di lasciarla sanguinante e stordita a terra, tra i tavolini di un ristorante, nella piazza dove l’aveva appena violentata. Sono state quarantotto ore di indagini senza tregua per la Mobile, lo Sco e gli investigatori del commissariato Viminale. Fino alla svolta: l’aggressore è stato incastrato dai filmati delle telecamere di sorveglianza del locale e dalle celle del cellulare della vittima. Poi, l’interrogatorio fiume davanti al pm Stefano Pizza e al procuratore aggiunto Maria Monteleone.

LE INDAGINI
I poliziotti diretti da Luigi Silipo tracciano fin da subito il telefono rubato, seguono le celle della sim della donna fino a trovarla nelle mani di due romeni, moglie e marito, che l’avevano ricevuta proprio da Suli e che, dopo essere stati interrogati, sono stati indagati per ricettazione. La pista del telefonino porta nel cuore della baraccopoli che sorge alle pendici di Monte Mario, lungo la strada “panoramica” che da piazzale Clodio, dove ha sede il tribunale, arriva fino alle spalle dell’hotel Cavalieri Hilton. Un’enorme favela nascosta nel fitto della vegetazione, dove anche il 37enne, appena tornato in Italia dopo un “soggiorno” in galera in Romania, aveva trovato riparo, ospite della coppia. A tradire Suli, anche il cappellino da baseball azzurro e con la visiera nera da cui lui, calvo, non si separa mai: era rimasto impresso nella mente della vittima, ed era ben visibile nei filmati delle telecamere disseminate intorno al palazzo del Ministero dell’Interno. L’indagato lo aveva ancora indosso, quando i poliziotti lo hanno fermato. Nella baracca di Monte Mario gli agenti hanno trovato il telefono della vittima, insieme ad altri 6 probabilmente rubati. 

LA DIFESA
Damian Suli, difeso dall’avvocato Marco Zaccaria, ha fornito diverse versioni dell’accaduto. Prima ha negato tutto, poi ha ammesso il rapporto, consumato anche con una certa violenza, affermando però che «la donna era consenziente, era lei che mi cercava». Ha raccontato di avere tentato di aiutarla perché «girovagava per il quartiere ed era disorientata». Ha detto anche di avere bevuto molto vino con lei, senza avere cenato. Ha giurato di non essersi accorto di averle fatto male, ma non ha saputo spiegare perché l’abbia abbandonata in strada. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, i due si sarebbero conosciuti lunedì nei pressi della stazione Termini. La donna abita nel quartiere Monti, dove si era presa cura, in passato, di alcuni anziani. La sua non è stata una vita facile. Dopo anni di convivenza, aveva subito il trauma della separazione e non si era più ripresa. Era caduta in una profonda depressione che l’aveva portata a bere. Dopo lunedì, aveva rivisto Suli. «Mi aveva detto di avere fame, era in difficoltà, così mi sono offerta di pagargli la cena. Sembrava gentile poi, invece, si è trasformato in una belva», ha raccontato. Ma quei modi gentili, per gli investigatori, erano sono un pretesto per derubarla e approfittare di lei. Ora, sarà il gip, dopo l’interrogatorio di garanzia, a decidere se disporre per lo straniero la custodia cautelare in carcere, lasciandolo a Regina Coeli.

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