Mondo di mezzo, ribaltone in Appello. «Carminati e Buzzi, riconosciuta aggravante mafiosa: pene ridotte»

Mondo di mezzo, a breve la sentenza d'appello: giudici in camera di consiglio
di Valentina Errante
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Martedì 11 Settembre 2018, 13:08 - Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 09:58

Riconosciuta l'associazione mafiosa ma ridotte in Appello le condanne per Massimo Carminati e Salvatore Buzzi nell'ambito del processo al Mondo di Mezzo. Per l'ex Nar ridotta la pena da 20 anni del primo grado ai 14 anni e sei mesi inflitti oggi. Per Buzzi dai 19 anni, ai 18 e 4 mesi di oggi.
 

 

La sentenza di secondo grado decisa dalla Terza Corte d'Appello di Roma, presieduta al giudice Claudio Tortora, ha dunque ribaltato la sentenza di priimo grado del luglio 2017 dove era stata riconosciuta invece solo l'esistenza di due associazione a delinquere semplici, che avevano in Carminati e Buzzi i punti di riferimento. Nell'aula Bunker di Rebibbia, alla lettura delle sentenze, era presente anche il sindaco di Roma, Virginia Raggi.
 


Le sentenze.  I giudici della III corte d'Appello hanno riconosciuto l'associazione a delinquere di stampo mafioso, l'aggravante mafiosa o il concorso esterno, a vario titolo, oltre che a Carminati e Buzzi, anche per Claudio Bolla (4 anni e 5 mesi), Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi), Emanuela Bugitti (3 anni e 8 mesi), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi). Condannati anche Paolo Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Agostino Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi), Carlo Maria Guaranì (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 annu e 4 masi), Roberto Lacopo (8 anni), Michele Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi), Carlo Pucci (7 anni e 8 mesi) e Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi).
 

Gli assolti. I giudici hanno invece  assolto Stefano Bravo, Pierino Chiaravalle, Giuseppe Ietto, Sergio Menichelli, Daniele Pulcini e Nadia Cerrito. Confermata inoltre dal dispositivo l'assoluzione in primo grado di Rocco Ruotolo e Salvatore Ruggiero. A Luca Odevaine invece è stata stabilità la pena patteggiata di 5 anni e 2 mesi. Patteggiamento anche per l'ex funzionario del servizio giardini Claudio Turella, che scontra 6 anni di pena.

Non solo mafia. I giudici della III corte d'appello hanno condannato altre 13 persone per una serie di reati tra cui corruzione, turbativa d'asta e truffa. In particolare condannati Antonio Esposito (2 anni e un mese), Giovanni De Carlo (2 anni), Mirko Coratti (4 anni e sei mesi), Sandro Coltellacci (4 anni e sei mesi), Franco Figurelli (4 anni), Mario Cola (3 anni), Cristiano Guarnera (4 anni e 8 mesi), Guido Magrini (3 anni), Pier Paolo Pedetti (3 anni e due mesi), Mario Schina (4 anni), Angelo Scozzafava (2 anni e tre mesi), Giordano Tredicine (2 anni e 6 mesi), Tiziano Zuccolo (9 mesi).


Il procuratore generale. «La Corte d'Appello di Roma ha accolto l'impugnazione della Procura Generale e della Procura della Repubblica di Roma e ha riconosciuto il carattere mafioso dell'associazione. Questo è il punto di arrivo di un intenso impegno e al tempo stesso di partenza. La consapevolezza dell'esistenza anche a Roma e nel Lazio di forze criminali in grado di condizionare la vita economica e politica e di indurre timore nella popolazione resta il centro di riferimento delle iniziative giudiziarie, che devono necessariamente essere accompagnate dalla crescita della coscienza civile e dal risanamento della struttura della pubblica amministrazione». Lo afferma in una nota il procuratore generale Giovanni Salvi. Per l'alto magistrato «si è rivelata efficace la scelta organizzativa di costituire un gruppo di lavoro misto della Procura generale e della Procura della Repubblica, al quale va il ringraziamento del mio ufficio».

Il pm. «Abbiamo sempre detto che le sentenze vanno rispettate: lo abbiamo fatto in primo grado e lo faremo anche adesso. La corte d'appello ha deciso che l'associazione criminale che avevamo portato in giudizio era di stampo mafioso e utilizzava il metodo mafioso. Era una questione di diritto che evidentemente i giudici hanno ritenuto fondata», ha commentato il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini a caldo la decisione dell'appello nel processo al Mondo di mezzo. In aula erano presenti anche il pm Luca Tescaroli e i procuratori generali Antonio Sensale e Pietro Catalani.

Il sindaco Raggi. «Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma. Conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che bisogna tenere la barra dritta sulla legalità. È quello che stiamo facendo e continueremo a fare per questa città e i cittadini». Così la sindaca di Roma Virginia Raggi a margine della lettura della sentenza di secondo grado sull'indagine Mondo di Mezzo.

L'avvocato di Carminati. «Se persino questo collegio, tra i migliori della Corte di Appello ha riconosciuto l'associazione di stampo mafioso, o io dopo 50 anni di professione non capisco più nulla di diritto, oppure dietro questa sentenza c'è qualcosa di stravagante». Così il legale di Massimo Carminati, Bruno Giosuè Naso. «In questo Paese - ha aggiunto - la magistratura mette bocca su tutto e si arroga il compito di moralizzare la società».


Il difensore di Buzzi. «Quanto accaduto è grave, è un fatto assolutamente stigmatizzabile l'aver riconosciuto in questa roba la mafia. Vedo che per molti cittadini da oggi è molto pericoloso vivere in Italia, è una bruttissima pagina per la giustizia del nostro Paese». Così l'avvocato difensore di Salvatore buzzi, Alessandro Diddi, parlando a margine della lettura del dispositivo della sentenza d'appello. Diddi ha poi aggiunto: «Il collegio ha riconosciuto la associazione di stampo mafioso, ma ha ridotto il trattamento sanzionatorio che era stato applicato in primo grado. Noi abbiamo da sempre sostenuto che il tribunale fosse andato con la mano pesante su diverse condotte».

Mirko Coratti. «Nonostante il ridimensionamento e la riduzione della pena non posso essere soddisfatto. Lo sarò solo quando verrà accertata la mia assoluta innocenza per la quale continuerò a lottare finché vivrò, sempre nel più assoluto rispetto delle regole e dei provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie. Io non ho mai fatto mercimonio delle mie funzioni istituzionali e ho sempre vissuto l'impegno politico con serietà e passione. Pur rammaricato, continuo a nutrire fiducia nell'accertamento della verità». Lo afferma Mirko Coratti, imputato nel processo di Mondo di mezzo per un'unica contestazione di corruzione, all'epoca dei fatti presidente dell'Assemblea Capitolina. Coratti è difeso dai legali Fabio Viglione e Filippo Dinacci.

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