La Cassazione conferma che Daniele Ozzimo non solo era «asservito» all’ex ras delle coop, Salvatore Buzzi, ma «si appoggiava a lui per la propria carriera politica e caldeggiava i suoi interessi». Così avevano scritto nelle motivazioni della sentenza, impugnata dal suo difensore, i giudici della Corte d’Appello. Ozzimo aveva ottenuto un contributo elettorale da 20mila euro, l’assunzione di un’amica in una delle società della galassia Buzzi, ma anche il salvataggio della coop San Lorenzo. Favori che facevano parte della strategia criminale per «assicurarsi al meglio l’obbedienza del vecchio amico Daniele Ozzimo». Per gli inquirenti, era l’uomo che pilotava gli appalti dell’emergenza alloggiativa per favorire le aziende del ras, suo conoscente di vecchia data, da quando militavano insieme tra le fila del Pd e frequentavano la storica sezione di Pietralata. «L’intervento di Buzzi - secondo la ricostruzione - inizia nel maggio 2013, con un contributo elettorale da 20mila euro», quando, con l’insediamento di Ignazio Marino, Ozzimo diventa assessore. Emblematica la frase esultante del ras, intercettata: «C’avemo Ozzimo». Dalle carte dell’inchiesta erano emersi anche i contatti tra Buzzi e l’ex moglie dell’assessore, Micaela Campana, all’epoca parlamentare e responsabile Welfare nella segreteria del Pd. Era lei a mandare sms a Buzzi, organizzando anche alcuni appuntamenti al Viminale che in aula non ha saputo spiegare. Per questo è finita sul registro degli indagati per falsa testimonianza.
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