Roma, «Ozzimo al servizio di Buzzi». Ora la condanna è definitiva

Roma, «Ozzimo al servizio di Buzzi». Ora la condanna è definitiva
di Valentina Errante
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Sabato 21 Luglio 2018, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 17:03
La Cassazione conferma: Daniele Ozzimo, ex assessore pd alla casa della giunta Marino, era un corrotto. La pena di due anni e due mesi adesso è definitiva. È la prima condanna di un politico coinvolto nella maxi inchiesta sul “Mondo di mezzo” su cui si pronuncia la Suprema Corte che, dopo l’udienza della scorsa settimana, ha rigettato anche il ricorso dell’ex consigliere comunale del partito democratico Massimo Caprari, confermando la pena due anni e quattro mesi che gli stata comminata dai giudici d’appello. I due imputati dovranno anche pagare le spese legali alle parti civili: Ama, Pd Lazio e Regione Lazio, oltre che all’associazione Cittadinanza attiva e alla Camera di commercio. 

La Cassazione conferma che Daniele Ozzimo non solo era «asservito» all’ex ras delle coop, Salvatore Buzzi, ma «si appoggiava a lui per la propria carriera politica e caldeggiava i suoi interessi». Così avevano scritto nelle motivazioni della sentenza, impugnata dal suo difensore, i giudici della Corte d’Appello. Ozzimo aveva ottenuto un contributo elettorale da 20mila euro, l’assunzione di un’amica in una delle società della galassia Buzzi, ma anche il salvataggio della coop San Lorenzo. Favori che facevano parte della strategia criminale per «assicurarsi al meglio l’obbedienza del vecchio amico Daniele Ozzimo». Per gli inquirenti, era l’uomo che pilotava gli appalti dell’emergenza alloggiativa per favorire le aziende del ras, suo conoscente di vecchia data, da quando militavano insieme tra le fila del Pd e frequentavano la storica sezione di Pietralata. «L’intervento di Buzzi - secondo la ricostruzione - inizia nel maggio 2013, con un contributo elettorale da 20mila euro», quando, con l’insediamento di Ignazio Marino, Ozzimo diventa assessore. Emblematica la frase esultante del ras, intercettata: «C’avemo Ozzimo». Dalle carte dell’inchiesta erano emersi anche i contatti tra Buzzi e l’ex moglie dell’assessore, Micaela Campana, all’epoca parlamentare e responsabile Welfare nella segreteria del Pd. Era lei a mandare sms a Buzzi, organizzando anche alcuni appuntamenti al Viminale che in aula non ha saputo spiegare. Per questo è finita sul registro degli indagati per falsa testimonianza.
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