Recentemente il tema dei legami tra i pesticidi e le malattie è stato al centro di un approfondimento sia alla Fnsi, Federazione nazionale stampa italiana, che alla Gregoriana. Uno dei relatori, Antonella Litta, medico di medicina generale, specialista in Reumatologia, referente nazionale dell’Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment), ha chiarito che dall’inizio negli ultimi 50 anni di storia industriale sono state immesse nell’ambiente oltre centomila sostanze di sintesi chimica (vari tipi di plastiche e suoi componenti, pesticidi, ritardanti di fiamma, diossine etc., molecole generate dalla combustione di petrolio, carbone, metano e dall’incenerimento dei rifiuti e da tante altre attività industriali), oltre a l’aver reso disponibili quantità elevate di metalli pesanti, energia ionizzante e incrementato l’esposizione ai campi elettromagnetici. «Queste sostanze ed energie sono risultate avere azione tossica, cancerogena, di interferenza endocrina capaci di mimare l’azione degli ormoni naturalmente prodotti dal nostro organismo e quindi di sostituirli nella loro funzione di fisiologica regolazione dei metabolismi e quindi di favorire malattie, in grande aumento, come il diabete, l’obesità, malattie cardiovascolari, le malattie immunomediate, i disturbi della sfera neuroendocrina, l’infertilità, i disturbi dello sviluppo genito-urinario e sessuale nei bambini e nelle bambine».
Non solo. Litta ha denunciato che l’esposizione materno fetale e anche quella preconcezionale è quella che più preoccupa, visto che nei cordoni ombelicali «vengono rilevati inquinanti ambientali come pesticidi, metalli pesanti, diossine, sostanze chimiche industriali che superano la barriera placentare e interferiscono con quello che chiamiamo fetal programming di fatto sprogrammando, alterando così il progetto di vita e di vita sana iniziato con il concepimento di ogni essere umano nella sua unicità.
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