Erdogan, un’altra vittoria, forse la più difficile

di Alessandro Orsini
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Lunedì 25 Giugno 2018, 01:40 - Ultimo aggiornamento: 01:41
Erdogan ha vinto di nuovo. Non andrà al ballottaggio per essere rieletto presidente perché ha ottenuto la maggioranza assoluta al primo turno. Siccome gli elettori hanno potuto scegliere tra otto partiti diversi, occorre interrogarsi sulle ragioni del successo del presidente turco. 
La risposta, nel complesso, è semplice: Erdogan è un vincente e alle persone piace identificarsi con coloro che hanno successo e alla fine vincono.

Se infatti osserviamo il presidente turco senza lasciarci influenzare dai sentimenti, desta impressione il numero di vittorie ottenute da quest’uomo, che riportiamo in ordine sparso. Trump ha cercato di costruire uno Stato curdo al confine con la Turchia, ma Erdogan ha sfondato le linee siriane, bombardato i curdi e ridotto in poltiglia il progetto della Casa Bianca. Ankara ha poi intimato a Trump di non espandersi nel nord della Siria, altrimenti i soldati americani avrebbero rischiato di essere bombardati dai soldati turchi e ha iniziato a comprare armi dalla Russia, nonostante la Turchia sia appunto membro della Nato dal 1952. E Trump si è accucciato. 
Poi la Turchia è stata colpita dalI’Isis ed Erdogan ha vinto un’altra battaglia da protagonista. Armi in pugno, ha sfondato anche le linee iraqene, provocando la reazione veemente del governo dell’Iraq. Il risultato è che le truppe di Erdogan sono ancora nel nord dell’Iraq, da cui non intendono sloggiare, secondo le ultime dichiarazioni del ministro della Difesa turco, Nurettin Canikli. 

Quanto all’Isis, è stato poi ridotto a un cumulo di macerie fumanti, con il contributo determinante della Turchia che ha sparato tanto in Siria quanto in Iraq. Ma i “poi” in ordine sparso non finiscono qui perché poi alcuni generali hanno cercato di uccidere Erdogan con un colpo di Stato, ma Erdogan ha schiacciato i generali e tanti oppositori, finiti in carcere a migliaia. E poi c’è stata una grave crisi diplomatica tra Arabia Saudita e Qatar, in cui Erdogan si è inserito subito. Gli avevano intimato di non farlo, ma Erdogan ha intimato di non intimargli niente e ha aperto una base militare in Qatar, che sta riempiendo di soldati per estendere la presenza turca in Medio Oriente. 
Che poi l’Arabia Saudita abbia chiesto la chiusura delle basi turche è un fatto irrilevante per Erdogan. Tant’è che il 14 marzo ha persino firmato un accordo per la costruzione di una base navale in Qatar. Poi l’Unione Europea gli ha intimato di non accrescere i poteri del presidente della Turchia con un referendum costituzionale, che Erdogan ha indetto e vinto, il 16 aprile 2017.

Gli elettori turchi, che vedono e votano, hanno pensato che non deve essere poi così male avere un presidente che vince sempre. E allora hanno visto anche che l’Unione Europea non voleva dare i soldi alla Turchia affinché trattenesse i profughi siriani e che poi Erdogan ha incassato la somma richiesta. 
Siccome Erdogan vanta una sfilza di vittorie che nemmeno Cristiano Ronaldo, americani ed europei hanno preso a imitarlo. Avremmo voluto che Erdogan fosse come noi e, invece, siamo diventati come lui. Europa e Stati Uniti hanno finito per imitare ciò che avevano rifiutato. Il decisionismo, la comunicazione ruvida e il nazionalismo del presidente turco sono le qualità più richieste del momento. I primi a votare per un presidente con i tratti di Erdogan sono stati gli americani. 

Trump è un leader dal temperamento autoritario contenuto dai vincoli della più grande democrazia del mondo. Poi gli austriaci hanno consegnato il potere a Sebastian Kurz, eletto cancelliere il 18 dicembre 2017, e a Heinz-Christian Strache, leader dell’estrema destra e vice-cancelliere. Anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il leader italiano più popolare del momento, è caratterizzato da decisionismo, comunicazione ruvida e nazionalismo. Per non parlare di Horst Seehofer, il ministro dell’Interno tedesco, temuto dalla Merkel per le idee radicali e il piglio da “comandante”. Seehofer dice alla Merkel ciò che deve fare, altrimenti le rovescia il governo da posizioni di destra. 
Da oggi, Erdogan è ancora più potente perché può beneficiare dei nuovi poteri introdotti dal referendum costituzionale. Maggiori poteri, maggiori probabilità di vittoria. All’Europa non piace Erdogan, che però piace agli europei, visto che ognuno cerca il proprio. Ha forse ragione quell’elettore turco che ha detto: «Disprezzate Erdogan perché ce lo invidiate». 

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