Migranti, Salvini, piano di aiuti alla Libia: «Sostegno a Serraj e investimenti»

Matteo Salvini
di Simone Canettieri
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Lunedì 18 Giugno 2018, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 12:04

In tour in Lombardia per i ballottaggi delle amministrative, Matteo Salvini si concede una battuta tra un comizio e l’altro: «Bobo Maroni ha ragione: a volte serve il fattore C. in politica, non è tutto, ma non fa male». Il ministro dell’Interno sta pensando all’Aquarius approdata, all’alba, a Valencia e spera che la Spagna continui ad accogliere altri migranti («Altri 66mila», dice con un’iperbole»).

Al Messaggero, Salvini annuncia una svolta nei rapporti con la Libia frammentata dalle tribù. «Sarraj ha chiesto all’Italia un intervento: io e il governo ci saremo. Andrò presto in Libia per parlare con lui. Un nostro intervento, con la Nato, è utile: per la lotta al terrorismo, ma anche per non parlare solo di migranti e barconi. Ma di economia e business, di cultura e politica». E proprio sulla Libia, il vicepremier manda al francese Macron due messaggi chiari. Il primo: «Non capisco da che pulpito voglia fissare le elezioni, abbiamo visto come certe imposizioni non abbiano funzionato». E dunque, «sarebbe meglio, visto che Macron ha il cuore grande, che dopo la Spagna tocchi alla Francia ad accogliere i migranti. E poi magari al Portogallo, a Malta...». 

Salvini spiega che vuole rivedere totalmente il sistema della cooperazione. Come? «Con interventi concreti attraverso fondazioni che lavorano con le università, penso all’esperienza di Letizia Moratti, o con le associazioni di categoria che si occupano di agricoltura o di infrastrutture da costruire». 

Insomma, il titolare del Viminale vede «occasioni di sviluppo economico» per l’Italia. Il suo ragionamento è: non è meglio spendere in Africa i soldi dell’Unione Europea? E qui si entra in un circolo più ampio perché il piano per l’Africa prevede anche centri di accoglienza in Libia, in Nigeria, Costa d’Avorio, Tunisia, Libia ed Egitto. Nelle zone di transito e di partenza. «Penso a un grande evento Africa-Europa sotto la bandiera della Ue». D’altronde, spiega con un pizzico di polemica, «è stato già fatto per la Turchia, no? Perché non si può ripetere?». 

I DAZI
La strategia di «protezione» di Salvini vira anche verso i dazi alimentari. Dopo il riso, pensa anche «alla carne, agli agrumi, alla pesca e ai giocattoli. In certi paesi si sfruttano i bambini, poi danno la colpa a me di essere insensibile e cinico, ma dai». 

In generale, il vicepresidente del Consiglio continua a dettare titoli alle agenzie e a condizionare l’agenda di governo. A scapito di quello, il M5S, che numeri alla mano sarebbe il partner di maggioranza dell’esecutivo (ha circa il doppio dei parlamentari). Salvini, non rischia di oscurarli? «Ho capito: d’ora in poi - dice scherzando - dichiarerò di meno, ma ritornando seri sto trovando persone competenti e leali. Certo, la mia sovraesposizione è dovuta al tema dell’immigrazione che ora è centrale, quando si parlerà di lavoro, ambiente, trasporti e giustizia il M5S sarà più coinvolto. E noi lo sosterremo». 

C’è anche un’altra questione, da capire quanto sia laterale, che tocca l’esecutivo di Conte. Ed è l’inchiesta sullo stadio della Roma. C’è una foto che gira molto in rete: Matteo Salvini e Luca Parnasi all’Olimpico, insieme, sorridenti, come due amici. Ecco, il ministro dell’Interno non si sente in imbarazzo, dopo l’arresto del costruttore? «No, la foto con Parnasi - risponde - non mi imbarazza. Lo conosco da un po’ di tempo come una brava persona. Di sicuro non abbiamo mai parlato di appalti: con Roma e dintorni io non c’entro un accidente». 

L’ESECUTIVO
Parnasi però finanziava tutti i partiti, a partire da un’onlus vicino alla Lega. Ma anche questo aspetto sembra non intimorire il leader. «Questi non sono reati, magari potremmo fare una riflessione sul finanziamento dei partiti». Meglio ritornare a quello pubblico? Qui Salvini si ferma e fa un altro ragionamento: «Bisogna potenziare in maniera diretta il finanziamento dei cittadini attraverso la dichiarazione dei redditi, su questo bisogna lavorare. Non credo che il finanziamento pubblico ai partiti possa funzionare». 

Sullo sfondo rimangono però gli scossoni interni che questa inchiesta potrebbe provocare. Soprattutto sulla tenuta del governo. Qui Salvini si fa molto cauto. Pesa bene le parole e prima premette: «Nella mia carriera politica ho visto tante inchieste, con finali diversi. Molte delle quali si sono rilevate bufale. Mi auguro, e qui parlo da cittadino, che i giudici facciano in fretta. Ma in generale non penso che il governo, stando a quanto ho letto in questi giorni sui giornali, rischi nulla». 

IL GUARDASIGILLI
C’è la posizione politica del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. «E quale sarebbe la sua colpa? Aver presentato l’avvocato Lanzalone, che io non ho mai visto in vita mia, alla sindaca Raggi ritenendolo una persona capace. Sarebbe questa la sua colpa? Certo, se ci saranno elementi su di lui per carità di dio, noi siamo per la trasparenza, ma leggendo quanto scrivono i giornali non mi sembra. Alfonso l’ho sentito, è sereno, abbiamo parlato del tribunale di Bari. Ripeto: non vedo problemi per nessuno, tanto meno per la tenuta generale del governo». 

Prima di gettarsi in un altro comizio, Salvini parla del rinnovo dei vertici dei servizi segreti interni (Aisi, Aise, Dis). Dice che non ci sarà uno spoil system rispetto al predecessore Marco Minniti: «Chi ha lavorato bene rimarrà, ma magari dopo 5-10-15 anni che si ricopre lo stesso ruolo occorre cambiare. Mi sbaglio?».
 

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