Mentre il progetto Tor di Valle cambiava nelle proporzioni e nei suoi allarmanti dettagli; mentre le giunte capitoline si alternavano (da Marino alla Raggi), noi siamo andati avanti (nonostante critiche e attacchi) nel raccontare, puntualmente, ogni stortura di cui fossimo a conoscenza. Non ci convincevano la localizzazione dell’area (per i suoi palesi rischi idrogeologici), le evidenti ombre di speculazione, nonché l’assenza di infrastrutture imprescindibili - come il ponte sul Tevere - per un impianto che, oltre ad essere raggiungibile dai romani, dovesse non essere d’ostacolo alla mobilità della Capitale. Una differenza solare ed eclatante con altri progetti di stadi appartenenti (questi sì) a società calcistiche a Torino e altrove.
Abbiamo combattuto dunque una battaglia a tutela della città. Ma anche dei suoi tifosi, evitando di trattarli come pedine per spettacoli circensi a beneficio dei furbi di turno e dei poteri marci (politici e imprenditoriali) attorno a loro ruotanti. Ma quanto dobbiamo aspettare ancora perché Roma guardi al futuro con occhi nuovi?
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