Anna Guaita
Quest'America
di Anna Guaita

Corea del nord: se scoppia la pace bisogna ringraziare anche Nikki

di Anna Guaita
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Domenica 29 Aprile 2018, 23:21 - Ultimo aggiornamento: 23:24
NEW YORK – Qualche giorno fa l’opinionista conservatrice Jennifer Rubin ha suggerito a Nikki Haley sul Washington Post di dimettersi dall’Amministrazione Trump, per salvare la propria carriera. Rubin ha citato alcuni segnali che farebbero pensare che la ex governatrice della Carolina del sud, ambasciatrice all’Onu dal gennaio 2017, stia entrando nella lista degli “sgraditi” di Trump. Non a caso un altro giornale, il Wall Street Journal, ha rivelato che in privato Trump ha definito l’ambasciatrice “a showboat”, un’esibizionista.

Ci sono effettivamente stati momenti di disaccordo fra Haley e Trump sin dalla campagna elettorale, quando lei tifava pubblicamente per il senatore della Florida Marco Rubio. Poi ci sono state situazioni di freddezza, come quando lei ha espresso disaccordo sul bando emanato da Trump per i viaggiatori provenienti da alcuni Paesi musulmani, o quando ha difeso il diritto di parlare per le donne che lo accusavano di molestie.

Ma alla fine, Nimrata "Nikki" Randhawa Haley, 46enne figlia di immigrati indiani, ha lavorato con tanta infaticabile dedizione alle Nazioni Unite, da aver ottenuto alcuni dei successi più importanti di questa Amministrazione.

Sarà forse perché alle spalle aveva solo un’esperienza di amministrazione locale, ma Nikki si è tuffata a studiare senza presunzione, anzi chiedendo e ottenendo regolari incontri “formativi” nientedimeno che con Henry Kissinger.

Alle Nazioni Unite alla fine si è rivelata un carro armato, ovviamente schierata sul fronte conservatore. Ed è stata lei che ha consegnato a Trump la vittoria di sanzioni sempre più dure contro il regime nordcoreano. Sanzioni che nel passato, durante altre Amministrazioni, gli ambasciatori Usa non erano riusciti a ottenere.

Se dunque Pyongyang sta aprendosi a una possibile fase di distensione, si deve in buona parte anche a lei.

Lo stritolamento finanziario del regime ha facilitato i tentativi di disgelo provati dal presidente della Corea del sud, Moon Jae-in, con la partecipazione del Nord alle Olimpiadi e poi il summit a due fra Kim Jong-un e Moon stesso. E adesso aspettiamo di vedere se anche il summit bilaterale Trump-Kim avverrà, e che risultati frutterà.

Siamo in un momento cruciale nel contrastato rapporto fra l’Occidente e l’ultima dittatura stalinista esistente nel mondo. Ma se il dialogo continuerà, qualcuno dovrà davvero dire grazie anche a Nikki Haley, che con un lavoro paziente, costante, insistente, ha portato tutto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a votare per le sanzioni, incluse Russia e Cina.

Purtroppo finora Donald Trump non l’ha mai neanche citata, non parliamo di ringraziarla. Anzi, a sentire il Wall Street Journal, la definisce una “esibizionista”. E quando il presidente comincia a esprimere pareri negativi sui suoi ministri o collaboratori, in genere è il segno che il licenziamento si avvicina, come possono testimoniare l'ex segretario di Stato Rex Tillerson, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster, l'ex capo dello staff Reince Priebus, l'ex capo dell'Fbi James Comey, l'ex portavoce Sean Spicer, ecc.

Jennifer Rubin ha dunque ragione: «Get out, Ambassador Haley, while you can still save yourself», «Se ne vada Ambasciatrice Haley, mentre ancora può salvarsi».

                                                                                                                                                                                                        
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