È un terreno nel quale affiorano e talvolta di scontrano sensibilità diverse e differenti convinzioni ideali. Sono orientamenti che solitamente si manifestano e si affermano come espressione di scelte dell’individuo, il quale rivendica la sua libertà.
Questa costituisce il presupposto del “consenso informato” che convenzioni internazionali, leggi statali, principi di deontologia medica pongono a base del rapporto di cura tra medico e paziente. Rimangono esclusi due opposti atteggiamenti: l’abbandono, che rinuncia, non sostiene e non accompagna anche di fronte ad un prevedibile esito infausto, e l’accanimento terapeutico, che si ostina a praticare terapie inutili, futili se non dannose.
L’attenzione è ora richiamata dalla vicenda del piccolo Alfie Evans. Ricoverato in un ospedale di Liverpool è affetto da una patologia non nota, di esito ritenuto infausto, e richiede il sostegno vitale della ventilazione, idratazione e alimentazione. Il servizio sanitario inglese ha chiesto di interrompere questo trattamento ed ha ottenuto l’autorizzazione del giudice in sostituzione della volontà dei genitori, che intendono continuare nelle cure.
<HS9>Sin qui la vicenda ripercorre esperienze già fatte e domande che di recente si sono riproposte partendo proprio dalle cronache inglesi. Spetta ai genitori dar voce al loro figlio: da chi, come e quando possono essere sostituiti in questa che è una loro responsabilità e un loro diritto? <HS9>Quale è l’opzione tra una visione utilitaristica, che da rilievo alle attese ed alle condizioni di vita e considera anche le disponibilità delle strutture sanitarie nel proporzionare le cure, ed una visione pienamente umanizzante che assicura cure sempre, comunque e a chiunque?
Il caso di Alfie Evans, oltre a riproporre queste domande, apre un nuovo fronte. Il diritto fondamentale alle cure comprende anche il diritto a scegliere il luogo di cura, la struttura sanitaria che si considera idonea. Non solo: è stata accertata la disponibilità di un ospedale di eccellenza e alta specializzazione pediatrica, il Bambino Gesù, di prenderlo in cura. La decisione del governo italiano di “nazionalizzare” quel bambino, attribuendogli la cittadinanza, per assumerne la protezione e agevolarne il trasferimento all’ospedale romano, ha connotato di “internazionalità” la vicenda. Lo stesso Alfie ci ha messo del suo: interrotto il sostegno vitale, considerato indispensabile, è sopravvissuto al di là di quanto previsto, tanto da indurre i medici a riprendere l’alimentazione e l’idratazione.
Sullo sfondo rimane l’affermazione di una scelta di libertà. Libertà di sperare e ottenere le cure di chi ragionevolmente e con competenza le offre.
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