Dogmi da rifiutare/ La scelta di libertà negata ad Alfie

di Cesare Mirabelli
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Mercoledì 25 Aprile 2018, 00:04
Ancora una volta la cronaca ci pone di fronte a questioni di fondo, che toccano la dignità della persona, il suo diritto alla vita ed alla salute, il diritto alle cure ed al rifiuto delle cure, la libertà di lasciarsi morire o di vivere ed essere sostenuti anche in condizioni disperate. 

È un terreno nel quale affiorano e talvolta di scontrano sensibilità diverse e differenti convinzioni ideali. Sono orientamenti che solitamente si manifestano e si affermano come espressione di scelte dell’individuo, il quale rivendica la sua libertà. 

Questa costituisce il presupposto del “consenso informato” che convenzioni internazionali, leggi statali, principi di deontologia medica pongono a base del rapporto di cura tra medico e paziente. Rimangono esclusi due opposti atteggiamenti: l’abbandono, che rinuncia, non sostiene e non accompagna anche di fronte ad un prevedibile esito infausto, e l’accanimento terapeutico, che si ostina a praticare terapie inutili, futili se non dannose.

L’attenzione è ora richiamata dalla vicenda del piccolo Alfie Evans. Ricoverato in un ospedale di Liverpool è affetto da una patologia non nota, di esito ritenuto infausto, e richiede il sostegno vitale della ventilazione, idratazione e alimentazione. Il servizio sanitario inglese ha chiesto di interrompere questo trattamento ed ha ottenuto l’autorizzazione del giudice in sostituzione della volontà dei genitori, che intendono continuare nelle cure.
<HS9>Sin qui la vicenda ripercorre esperienze già fatte e domande che di recente si sono riproposte partendo proprio dalle cronache inglesi. Spetta ai genitori dar voce al loro figlio: da chi, come e quando possono essere sostituiti in questa che è una loro responsabilità e un loro diritto? <HS9>Quale è l’opzione tra una visione utilitaristica, che da rilievo alle attese ed alle condizioni di vita e considera anche le disponibilità delle strutture sanitarie nel proporzionare le cure, ed una visione pienamente umanizzante che assicura cure sempre, comunque e a chiunque?

Il caso di Alfie Evans, oltre a riproporre queste domande, apre un nuovo fronte. Il diritto fondamentale alle cure comprende anche il diritto a scegliere il luogo di cura, la struttura sanitaria che si considera idonea. Non solo: è stata accertata la disponibilità di un ospedale di eccellenza e alta specializzazione pediatrica, il Bambino Gesù, di prenderlo in cura. La decisione del governo italiano di “nazionalizzare” quel bambino, attribuendogli la cittadinanza, per assumerne la protezione e agevolarne il trasferimento all’ospedale romano, ha connotato di “internazionalità” la vicenda. Lo stesso Alfie ci ha messo del suo: interrotto il sostegno vitale, considerato indispensabile, è sopravvissuto al di là di quanto previsto, tanto da indurre i medici a riprendere l’alimentazione e l’idratazione.
Sullo sfondo rimane l’affermazione di una scelta di libertà. Libertà di sperare e ottenere le cure di chi ragionevolmente e con competenza le offre.
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