Il caso Facebook/ La privacy è libertà dunque non negoziabile

di Carlo Nordio
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Martedì 17 Aprile 2018, 00:07
Tra poco più di un mese entrerà in vigore il nuovo Regolamento Europeo sul trattamento dei dati personali. Il testo è stato approvato due anni fa, ma la sua applicazione è stata rinviata al prossimo 25 maggio per consentire agli interessati di studiarlo e di uniformarsi ai suoi precetti. Tuttavia qui non ci occupiamo delle conseguenze giuridiche di questa complessa normativa. Ci interessa piuttosto spiegarne la natura e gli obiettivi: perché questi riguardano tutti noi, i nostri diritti e le nostre libertà.

Coincidenza vuole che questa disciplina stia per entrare in vigore proprio in concomitanza con il caso Facebook, che ha crocifisso il geniale Mark Zuckerberg davanti alla Commissione americana. Lui ha promesso di rimediare: ma intanto il danno era stato fatto. Probabilmente, se questo regolamento fosse entrato in vigore prima, il pasticcio sarebbe stato evitato, almeno per noi europei, ma questa è una congettura: l’efficacia intimidatrice della legge spesso cede alla convenienza di un guadagno certo, ingente ed immediato, come quello conseguito dall’intraprendente giovanotto. Ma riepiloghiamo il problema.
Esso può essere ricondotto a un consolidato principio militare: ciò che vola può esser abbattuto, ciò che naviga può essere affondato, ciò che è fisso può essere aggirato.
Con l’aggiunta che tutto ciò che va in rete può essere conservato e rielaborato. Qui tuttavia occorre distinguere: ci sono notizie assolutamente segrete, che né oggi né ieri potevano essere divulgate. Sono i dati protetti in quanto tali, come il conto corrente della banca, il numero della carta di credito o la prenotazione fatta in hotel: essi possono essere acquisiti, senza il consenso del titolare, solo dal magistrato.

Naturalmente un hacker può captarli fraudolentemente, come un ladro può entrare in casa mia o aprirmi la corrispondenza. Ma commetterebbe un reato e finirebbe in galera, anche senza il nuovo regolamento. Ci sono invece dati che volontariamente comunichiamo al pubblico: per vanità, interesse, noia, curiosità o semplicemente per emulazione gregaria: cosi fan tutti. La captazione di questi dati è ovviamente lecita, anzi è auspicata da chi li diffonde. E allora dove sta il problema? Il problema sta nel fatto che questi dati, che diffondiamo in modo gratuito come massima manifestazione della nostra libertà espressiva e apertura sociale vengono raccolti, elaborati, analizzati e incrociati e, attraverso opportuni algoritmi, costruiscono il cosiddetto profilo del soggetto, di cui si individuano i gusti e le tendenze gastronomiche, sessuali, politiche, estetiche ecc. 
Questo pacchetto confezionato viene quindi venduto a società che acquisiscono potenziali clientele mirate, alle quali indirizzare, apertamente o addirittura in via subliminale, messaggi di ogni tipo: da quelli pubblicitari a quelli elettorali. Detta così potrebbe sembrare una bufala: chi è tanto fesso da farsi influenzare da questi telematici venditori di tappeti? Ahimè, più di quanto non si creda. Schiere di psicologi sanno come sfruttare al meglio le nostre intime oscillazioni per intervenire al momento giusto e venderti un prodotto che non avresti comprato neanche con una pistola alla nuca. 

Chiedo scusa ai professionisti del settore se sono stato un po’ sommario: ma il problema è davvero serio, e il Regolamento europeo arriva appena in tempo. Esso introduce per le aziende obblighi di monitoraggio e di analisi dei flussi informativi, e vincoli nell’utilizzo dei dati, sanzionandone la violazione con multe severe. Afferma il principio che queste dati hanno anche un valore economico, assimilabile al diritto d’autore, e quindi non si può farne un utilizzo gratuito traendone profitto. E infine definisce i limiti di compatibilità tra libertà e privacy, tra iniziativa commerciale e doveri civili.
L’importante , ora, è che venga attuato con procedure rigorose attraverso organi altamente competenti. Anche se l’ultimo avvertimento va rivolto al cittadino, che deve diventare il primo difensore di se stesso, come quando sbarra la porta di casa: meno informazioni divulga, meno rischi corre. Sia meno spericolato, ma più prudente: perché, come diceva un saggio, la conoscenza è potere, ma solo la saggezza è libertà.
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