Il computer da polso di Seiko, lanciato inizialmente in Giappone all'equivalente di 300 dollari, aveva sei pulsanti e un mini-joystick con cui comporre parole, alla maniera in cui si inserivano le iniziali nei videogiochi da bar. Proprio questo modo scomodo di scrivere, insieme allo schermo troppo piccolo e alle batterie non ricaricabili che garantivano 30 ore d'utilizzo, è tra le caratteristiche che hanno contribuito al mancato successo del dispositivo. Gli inizi, d'altra parte, non sono stati facili nemmeno per i moderni smartwatch. Arrivati sugli scaffali nel 2014 in varie forme e stili - tondi e quadrati, sportivi o eleganti, prodotti da Samsung, Apple, Motorola, Sony, Lg - hanno impiegato alcuni anni per affermarsi tra i consumatori. Il settore dei dispositivi indossabili, nella sua prima fase, ha visto prevalere le smartband, cioè i bracciali che tracciano l'attività fisica: un prodotto più semplice e con una ragion d'essere ben definita.
Ora però il mercato promette molto bene.
Stando alle ultime previsioni degli analisti di Idc, le vendite mondiali di smartwatch raggiungeranno 43,6 milioni di pezzi nel 2018 e 84,1 milioni nel 2022, con un tasso annuo di crescita composto del 17,9%. «I consumatori stanno finalmente iniziando a capire l'utilità di uno smartwatch», hanno spiegato gli esperti. «Allo stato attuale traina l'uso nell'attività sportiva, ma i pagamenti e la messaggistica mobile stanno iniziando a prendere piede». E l'arrivo delle connessioni alle reti cellulari sta facendo emergere altre tipologie d'uso, come ad esempio lo streaming musicale.
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