Il caso americano/ Porte girevoli segno di forza del leader

di Marco Gervasoni
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Mercoledì 14 Marzo 2018, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 01:00
Ha una diversa mentalità, un modo diverso di pensare». Così, secondo il New York Times, Trump avrebbe giustificato il licenziamento del segretario di Stato, Rex Tillerson. L’ex manager ha goduto di due privilegi, per così dire: è il primo segretario di Stato dimesso via twitter, apparentemente senza essere consultato.

Nella storia recente, è inoltre il primo ad essere sostituito a neppure metà mandato presidenziale - per ritrovare un caso simile bisogna risalire agli inizi della presidenza Reagan, con l’esonero di Alexander Haig. Già questo dovrebbe far capire il carattere clamoroso della decisione, proprio della prassi trumpiana di governo. Il presidente è il capo che ti può cacciare annunciandolo prima al mondo intero e poi a te. Il presidente è il capo a cui tu devi obbedire. Mentre fino a ieri era normale che il presidente e il segretario di Stato, la carica più importante dell’amministrazione, avessero vedute divergenti, con Trump questo non è più possibile. Il segretario di stato deve possedere lo stesso mind-set (mentalità) del boss. Secondo una concezione di governo più debitrice di una visione manageriale e imprenditoriale che «politica» nel senso classico, e anche statunitense del termine. La portata di questa innovazione è tale che difficilmente i successori di Trump, anche quando esponenti di un partito diverso dal suo, potranno ritornare allo status quo ante. Certo Tillerson, pur se anch’egli proveniente dal mondo dell’impresa, dimostrava una sensibilità poco omogenea con quella del presidente: più establishment, più istituzionale, più atlantista, più mediatrice, più «globalista ». Tutto quello che Trump non è. Tanto che da mesi si susseguivano le voci di una sua sostituzione, indebolito anche da una sua scarsa attenzione nei confronti della macchina del Dipartimento di Stato, dei suoi funzionari, degli ambasciatori. La tempistica, se c’è una logica in essa, è secondo noi legata alla svolta «protezionistica» di Trump, che sui dazi sta applicando quanto promesso in campagna elettorale - con il conseguente licenziamento di altri membri dell’amministrazione. Collocato in quell’incarico su suggerimento dell’ex segretario di Stato di George W. Bush, Condi Rice, per tranquillizzare i baroni del Partito repubblicano, Tillerson cacciato è infatti il segno che il Grand Old Party si sta trumpizzando. Esattamente l’inverso di quanto molti (e anche il sottoscritto) avevano previsto, cioè che il potere avrebbe «normalizzato» il presidente. Bannon è stato allontanato, ma è la sua l’impostazione che sta prevalendo. In tal senso, è significativo che Pompeo sia una figura assai più politica di Tilllerson, con grande esperienza parlamentare, decisamente legata al partito repubblicano: ma di un partito in via di trasformazione. Di certo sull’Iran le sue posizioni sono assai più ostili all’accordo con Teheran di quelle di Tillerson e più in linea con Trump. E in vista degli eventuali colloqui con la Corea del Nord, Pompeo offre al presidente maggiori garanzie.

C’è infine un altro motivo che rende interessante il metodo Trump di porte girevoli nell’amministrazione. E che noi conosciamo bene. L’abbiamo visto nella Prima Repubblica, quando governi e ministri duravano pochi mesi, ma l’abbiamo scorto anche nella più stabile Seconda, quando il dicastero degli esteri, ad esempio, era piuttosto ballerino. Sembrava un’anomalia dei soliti italiani, disordinati e inaffidabili, quando invece era una necessità imposta dalle rigidità del sistema politico. 

Ma ora le porte girevoli negli alti incarichi sembrano la norma anche in sistemi antichissimi e stabili per definizione. Oltre agli Usa, pensiamo al governo May che, insediato da nemmeno un anno, ha già dovuto cambiare un gran numero di ministri. Per molto meno, in passato, un esecutivo a Londra sarebbe caduto. Ma oggi forse è un segno di forza. Perché il disordine mondiale avanza, governare richiede rapidità di decisione manageriale, stimola al caos creativo, a gesti di «follia» erasmiana. Possiamo impartire lezioni, su questo tema: peccato che nel nostro sistema un capo vero, un decisore, appena emerge, venga subito decapitato.
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