Alla Sapienza la voce delle donne saudite

Alla Sapienza la voce delle donne saudite
di Elena Panarella e Rossella Fabiani
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Martedì 13 Marzo 2018, 22:44 - Ultimo aggiornamento: 14 Marzo, 22:15
La narrativa saudita è in generale poco conosciuta tra gli studiosi di letteratura araba, ma è poco nota anche negli altri Paesi arabi. Non solo. E’ indiscutibile che la narrativa di tutta la Penisola Araba sia giovane come pure è un dato certo che non ci sia una consolidata tradizione di stampo letterario come in Egitto, Siria, Libano o Iraq. Ma oggi è evidente come ormai sia un atteggiamento criticabile per gli studiosi e i commentatori del mondo arabo continuare a trascurare la produzione letteraria di Paesi come l’Arabia Saudita che in pochi anni ha vissuto enormi e radicali trasformazioni socio-economiche. 

Un passo nella direzione di colmare questa lacuna è stata la prima giornata di studi sulla narrativa saudita organizzata da Isabella Camera d’Afflitto – tra i massimi studiosi della lingua araba e docente di lingua e letteratura araba all’Università di Roma “La Sapienza” – in collaborazione con l’Ufficio culturale dell’ambasciata saudita in Italia guidato dal professore Abdulaziz Alghareeb. 

L’ateneo romano ha ospitato docenti e traduttrici, tutte formatesi alla scuola della Camera d’Afflitto, che hanno mostrato quanto ricca è l’impronta delle scrittrici saudite nella storia della cultura araba. Insieme a loro anche un nutrito gruppo di intellettuali sauditi tra cui Khaled Alrifai autore de “Il romanzo femminile saudita dal 1958 al 2008” e Hasan Alnemi autore de “Il romanzo saudita tra storia e prospettive future”. Alla base di questo convegno anche e forse soprattutto la consapevolezza che “la cultura è la ciotola, il contenitore, che lega i Paesi” e il desiderio “di volere condividere la nostra cultura anche con queste traduzioni dalla lingua araba in italiano dei due volumi sul romanzo saudita e sulla narrativa femminile saudita”, ha sottolienato l’incaricato d’Affari dell’ambasciata Saudita, Faisal Alqahtani. E un auspicio ha segnato l’intero convegno: «Che all’incontro di oggi segua la realizzazione di altri progetti futuri, forse anche quello dell’apertura di una cattedra qui alla Sapienza», ha detto il professore Abdulaziz Alghareeb.

La stessa Sapienza poi non è ospite estraneo a questa inedita giornata di studi con la sua tradizione di studi che l’ateneo romano dal 1880 rivolge alla cultura e al mondo del vicino e medio oriente. «Una tradizione dello studio del mondo arabo – dice il prof. Antonello Biagini presidente Fondazione Sapienza che ha aperto i lavori – mai interrotta e oggi continuata grazie alla professoressa d’Afflitto». La narrativa saudita, come la storia, la filosofia, le tradizioni, il folklore, aiuta a comprendere realtà lontane da noi e se non è discutibile che siamo in una realtà mediterranea che Fernand Braudel considerava una regione unica dove la conoscenza tra i popoli non è retorica ma fatto sostanziale, quanto mai urgente e necessario appare la discussione al centro della giornata di studi sulla narrativa saudita «perché oggi non si può fare a meno di occuparsene tanto più che tre edizioni dell’Arabic Booker Prize sono state vinte da autori sauditi» dice d’Afflitto. Non solo. «Anche se viviamo in un’epoca super connessa, ancora non ci conosciamo e ci sono molti clichè dell’uno verso l’altro», sottolinea Khaled Alrifai.

L’idea di confine nella letteratura saudita contemporanea è stato il tema affrontato da Monica Ruocco, dell’Università di Napoli “L’Orientale”. La docente ha messo a confronto le vecchie generazioni di scrittori e quelli di oggi sul tema del rapporto con il proprio Paese sottolineando come una rappresentazione vista dall’esterno è indice della trasformazione di una società che vive una dimensione aperta e non più limitata alla Penisola araba. L’Arabia Saudita diventa così il centro ideale di uno sguardo che si allarga sempre più verso una dimensione globale. 

Tra le immagini del XIX secolo nel romanzo storico saudita, Paola Viviani, dell’Università della Campania “L. Vanvitelli”, illustra come preponderante appaia quella del deserto come luogo ideale dell’Arabia Saudita e della relazione dell’uomo con il deserto che è andato incontro a trasformazioni epocali, non sempre positive, con la scoperta del petrolio. La studiosa dà conto anche della penuria di autori storici e di come alcuni scrittori lamentino la mancanza di questo sottogenere letterario con uno sconforto e un palpabile sgomento nel constatare il poco interesse dei sauditi nel conoscere la loro stessa storia. 

Della nascita dei circoli letterari in Arabia Saudita ha parlato Arturo Monaco dell’Università “La Sapienza”, con il suo intervento sulla rivista “Ab‘ād” del Nādī al-Qaṣṣīm al-Adabī fī Buraydah. A questi circoli si deve l’attenzione per una produzione locale altrimenti sconosciuta alle stesse altre regioni del Regno non soltanto all’estero. Angela Daiana Langone, dell’Università di Cagliari, ha affrontato gli aspetti della narrativa di ‘Abduh Ḫāl. Uno su tutti la dialettica tra villaggio e città. La studiosa mette poi in evidenza come soltanto l’amore di ‘Abduh Ḫāl per la cultura lo salva dall’estremismo sublimando la frustrazione incanalandola in una vita artistica. 

Nei Paesi in cui non esiste ancora una forma di partecipazione politica la letteratura si trasforma in un foro, in luogo di discussione che dà alle donne lo spazio per una partecipazione attiva alla vita del Paese che la società maschile non può più ignorare. Nel volume “Rose d’Arabia”, presentato in ristampa durante il convegno, la curatrice Isabella Camera d’Afflitto ha raccolto una serie di racconti di scrittrici dell’Arabia Saudita che mostrano una panoramica inedita di uno degli universi femminili più nascosti della nostra epoca. L’higiab, il tradizionale velo nero delle donne saudite, è il simbolo della condizione femminile nella Penisola e una presenza ingombrante in molti di questi racconti. La società saudita è rigidamente divisa in due, uno sdoppiamento tra popolazione maschile e popolazione femminile unico al mondo: doppie università, doppie redazioni di giornali, doppi ospedali, doppi ministeri, ma anche doppi e separati ingressi negli uffici e nei ristoranti. 

La novità è il ruolo sempre più dinamico che le donne saudite rivestono nella vita professionale del loro Paese, creando contraddizioni nell’ordine tradizionale che vede la donna subalterna. In alcuni racconti emerge una critica della poligamia e del ripudio, il divorzio unilaterale da parte dell’uomo. Un volume prezioso per conoscere da vicino il mondo femminile saudita. I cambiamenti sono in atto. E’ del settembre scorso il decreto reale che permette alle donne di guidare, oggi è possibile per le donne assistere a eventi sportivi, è stata annunciata l’apertura di sale cinematografiche pubbliche, chiuse dagli anni 70, ed è in programma anche l’apertura dell’Opera House a Gedda. «Possono sembrare piccole cose per noi occidentali, ma è necessario rispettare il tempo che ogni cambiamento richiede e che non è uguale per tutti», conclude d’Afflitto. 

Munira Almubaddal, della Shaqra University, ha affrontato la crisi dell’identità femminista nella narrativa femminile saudita. «La donna chiede i suoi diritti: poter scegliere il marito, poter parlare liberamente e liberarsi una volta per tutte di quella educazione che la vuole convincere che la sottomissione verso l’uomo sia un’inclinazione naturale». Delle scrittrici Zaynab Ḥifnī e Samar al-Muqrin ha parlato Elvira Diana, dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio”, e di come entrambe le autrici usino la scrittura come forma di emancipazione al femminile. Nei loro scritti parlano di sé e rivendicano le loro istanze sociali, denunciano le violenze tra le mura domestiche, testimoniano le tante contraddizioni della società divisa tra modernità e tradizione. «Le loro opere ci fanno riflettere come il web possa essere un acceleratore sociale per il superamento di genere nel tempo e nello spazio, il web potrebbe essere un alleato e accorciare le distanze tra Arabia Saudita e il mondo senza volere imporre modelli esterni. Non c’è dubbio che le donne possano essere un volano per l’innovazione e la crescita cultura e sociale». 

Maria Avino, dell’Università di Napoli “L’Orientale” ha parlato del libro “Il collare della colomba” di Raǧā’ ‘Ālim che la docente ha tradotto in italiano. Nel libro, la scrittrice saudita racconta le mille trasformazioni della città di Mecca. Raga Alim ha uno sguardo molto critico sulle trasformazioni di Mecca minacciata dalla violenza e dalla disinvoltura di una classe di imprenditori senza scrupoli che hanno trasformato il volto della città più santa dell’islam. Denuncia la cultura consumistica imperante e il libro è una sorta di elegia funebre per una città morta e sepolta dove i quartieri storici sono stati sostituiti da altissimi grattacieli fatti di vetri e di acciaio. 

Discriminazione femminile, matrimonio combinato, educazione molto repressiva sia a scuola che in famiglia, misoginia e donna contro donna con lo scontro tra la generazione femminile più anziana e quella che si affaccia alle soglie del nuovo millennio sono i temi affrontati dalla narrativa di Badriyyah al-Bišar tra tradizione e aspirazione alla modernità presentati da Federica Pistono dell’Università “La Sapienza”. Infine Ada Barbaro, dell’Università di Napoli “L’Orientale”, ha affrontato il tema della rappresentazione della donna in “al-Qārūrah” di Yūsuf al-Muḥaymmīd. L’opera, scritta da un uomo, è un romanzo su una donna che lotta per la sua emancipazione. La protagonista è una sorta di nuova Sherazade che alza forte il suo grido di ribellione e la prima persona alla quale si ribella è la madre.

 
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