Non può durare perché finora il successo dei Cinquestelle era illuminato dalla sola fiducia in quello che avrebbero fatto una volta arrivati alla guida di un’amministrazione. Senza quindi avere mosso alcuna decisione, firmato alcuna delibera, ma solo contestato quelle che compilavano gli altri, che fosse il sindaco di Terni o la governatrice Marini, tanto per fare esempi. Permettendosi, nel furore dell’opposizione, anche il lusso di dividersi tra gli ortodossi del cerchio magico (Liberati, Ciprini, Agea) e quelli della prima linea nei consigli comunali (Rosetti e De Luca), amandosi molto poco, ma restando comunque vincitori. Da qualche giorno, la rendita è messa in discussione proprio dal successo. Un exploit che costringerà i pentastellati a misurarsi come forza di governo nell’agone elettorale più insidioso e fangoso di tutti, quello amministrativo.
Una volta impegnati a governare, tutti quegli incontri porta a porta di questi giorni, tutte le promesse agli imprenditori, ai professionisti e ai cittadini, avranno nelle decisioni, e non più nella protesta, la loro consacrazione. Perciò non può durare il 27 per cento: se la fase di governo avrà successo, la soglia verrà sicuramente superata, in caso contrario quel primato sarà stato solo virtuale, come molte loro campagne. Passando, in una stagione, dall’annunciata saggezza dei grilli all’effervescente pochezza delle cicale.
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