M5S e post renziani/ L’azzardo dell’abbraccio fra “sinistre"

di Marco Gervasoni
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Mercoledì 7 Marzo 2018, 00:17
Non sappiamo se il 4 marzo sia scoppiata una «rivoluzione», termine sempre troppo abusato. Abbiamo però di certo assistito a una gigantesca rivolta contro l’establishment, compreso quello europeo, che guarda all’exploit dei 5 Stelle e della Lega come alla calata dei presunti Unni. Dai tempi del tardo Impero romano, però, chi sta in alto si illude sempre di civilizzare quelli che considera barbari, affinché non distruggano l’esistente ma anzi lo continuino sotto nuove vesti.
E leggendo le dichiarazioni di grand commis della Ue e di organi di stampa a loro affini, sembra proprio che un pezzo consistente dell’establishment europeo sia convinto di poter ammaestrare i «populisti». Non tutti, però, solo i 5 stelle mentre il compito di domatore dei leoni spetterebbe al Pd. Da qui le rumorose pressioni anche da oltre confine affinché un Nazareno senza più Renzi risponda all’invito di Di Maio e esplori la pista di un sostegno esterno a un governo 5 stelle, o addirittura di un’autentica alleanza di governo. La tentazione, prima delle elezioni pura fantapolitica, oggi invece appare praticabile anche ai vertici del principale partito della sinistra; fermata, per il momento, solo dalle dimissioni posticipate di Renzi. Le motivazioni di alcuni dirigenti democratici a favore di un accordo con i grillini sono tre. Dobbiamo essere responsabili, e assicurare un governo, come ha fatto la Spd in Germania. Poi, i 5 stelle si sono «presi» molti elettori di sinistra, quindi l’alleanza con loro sarebbe tutt’altro che contro-natura, e ci consentirebbero di ritrovare il rapporto con la nostra base sfuggita. Infine, i programmi dei 5 stelle appaiono più vicini alla sinistra che alla destra. Sono tutte motivazioni comprensibili, ma l’idea di un governo 5 stelle - Pd ci sembra lo stesso sbagliata. Prima di tutto, è vero che i grillini hanno messo molta acqua nel loro vino euroscettico, ma vedere in Di Maio un corrispettivo italiano di Merkel appare francamente troppo. In secondo luogo, che molti elettori dei 5 stelle vengano dalla sinistra non rende per questo più naturale l’alleanza con loro; altrimenti il lepenismo, sostenuto da un gran numero di elettori ex comunisti ed ex socialisti, avrebbe dovuto da anni allearsi con la gauche. Quanto ai programmi, nella volubilità delle proposte 5 stelle emerge una linea statalistica, keynesiana, assistenzialistica, che effettivamente è sì di sinistra. Ma di una vecchia sinistra, quella di Berlinguer e della socialdemocrazia europea anni Settanta, tassa e spendi e così via. Capiamo che, nel dissolvimento del socialismo europeo, i suoi dirigenti siano tentati dal ritorno alle origini - come dimostrano i Laburisti nel Regno Unito. Ma questo richiamo della foresta sarebbe fatale per la sinistra italiana, che butterebbe a mare decenni di sforzi di rinnovamento pure su altri temi, come il rapporto tra politica e magistratura. La linea dei 5 stelle è infatti ultra giustizialista, come era quella dei post-comunisti ai tempi di Tangentopoli, mentre uno dei meriti di Renzi è consistito nel cercare di rendere garantista la sua famiglia politica: l’incontro con i 5 stelle la riporterebbe a un’era geologica precedente. Invece di rinascere, alleandosi con Di Maio la sinistra diventerebbe così un’appendice dei 5 stelle, e sparirebbe. Eppure, anche se per il momento Renzi l’ha frenata, la speranza di governare con i grillini riaffiorerà. Per ragioni materiali: a nessuno fa piacere perdere il potere, e chi non ha mai amato Renzi avrà così anche occasione per liberarsene. Ma anche per un pregiudizio culturale: i dirigenti della sinistra sono infatti sempre convinti di essere i migliori, quelli che vengono da lontano e vanno lontano; e perciò si illudono di riuscire a indirizzare Di Maio e soci sulla giusta strada, anche se i loro voti sono niente in confronto a quelli dei 5 stelle. Nella storia, però, tutti quelli che hanno cercato di civilizzare i presunti barbari sono stati spazzati via dopo aver consentito loro di penetrare nei palazzi del potere. E non si vede perché oggi dovrebbe andare diversamente.
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