L'ambasciatore turco in Italia: «Europa ipocrita con la Turchia: ci critica, ma ha bisogno di noi»

L'ambasciatore turco in Italia: «Europa ipocrita con la Turchia: ci critica, ma ha bisogno di noi»
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Mercoledì 7 Febbraio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 09:46

«Il presidente Erdogan è contento e grato per l’ospitalità e i colloqui approfonditi e molto amichevoli avuti a Roma. Siamo meno contenti del modo in cui la visita è stata raccontata da alcuni media, e dalle reazioni dell’Unione Europea al nostro auspicio che vada avanti il processo di adesione alla UE». Murat Salim Esenli, ambasciatore di Turchia in Italia, accantona i toni diplomatici. «L’Europa gioca allo scaricabarile».

Ambasciatore, che cosa non le è piaciuto?
«Certa stampa ha parlato di freddezza. Al contrario: abbiamo ricevuto un benvenuto molto caldo sia dal presidente Mattarella, sia dal premier Gentiloni. Chi può capire meglio l’Italia di noi turchi? Siamo Paesi in prima linea, che devono governare imponenti flussi di migranti. Il nostro interscambio ha raggiunto quasi i 20 miliardi di dollari. E culturalmente siamo mediterranei, ci capiamo con facilità».

Un portavoce della Commissione Europea ha detto che la Turchia sta andando in una direzione opposta all’adesione…
«Il solito gioco allo scaricabarile. La UE è sempre molto svelta a criticare la Turchia, ma non è capace di vedere i propri errori. È stata Ankara a preservare l’integrità di Schengen con l’accordo del 18 marzo 2016, che ha permesso all’Europa di gestire l’enorme pressione migratoria. La Turchia ha accolto 3.5 milioni di rifugiati. La UE non è capace di gestirne uno… Abbiamo già speso 30 miliardi per l’accoglienza e ogni giorno nascono in Turchia 170 bimbi da migranti siriani. Quanto all’adesione alla UE, è un processo complesso ma non ci arrendiamo. Dev’esserci mutuo rispetto. Sa quante promesse ha fatto l’Europa alla Turchia, che non ha mantenuto?».

Quali?
«Aprire capitoli di negoziato, per esempio. In un anno, nessuno. Nessuna liberalizzazione dei visti. Solo 900 milioni di dollari erogati sui 3 miliardi promessi per i profughi siriani. Sarebbe più saggio che l’Unione guardasse dentro di sé e cominciasse a mantenere le promesse».

L’Olanda ha interrotto le relazioni. Problemi pure con la Germania e l’Austria. Perché? 
«Guardi il governo austriaco, guardi la composizione del Bundestag tedesco dove siede l’ADF. Siamo molto preoccupati per tutti questi movimenti xenofobi, islamofobi, estremisti, anti-immigrati e antisemiti che stanno crescendo ovunque in Europa. Anche in Francia. I politici europei in campagna elettorale trovano conveniente attaccare la Turchia, ma dopo il voto cercano di riallacciare le relazioni. Quanta ipocrisia!».

C’è un problema di rispetto dei diritti umani, soprattutto dopo lo stato d’emergenza per il fallito golpe del 2016. E c’è la questione curda…
«Le milizie dell’YPG (curde, ndr) in Siria stanno commettendo crimini contro i turchi ma anche contro curdi, arabi, turcomanni. Nessuno scrive o dice nulla dei bombardamenti attraverso il confine che fanno morti nei nostri villaggi, nelle nostre moschee. C’è una visione troppo romantica del PKK, il Partito di Ocalan, una formazione terroristica». 

Perché tanti giornalisti in carcere?
«Processare un giornalista non è sacrilegio. Io che sono ambasciatore non ho l’immunità in Turchia, e non ce l’hanno banchieri e politici. Neppure i giornalisti sono al di sopra della legge. Sono stati arrestati non per il loro lavoro giornalistico, ma per crimini contro la sicurezza dello Stato o in quanto fiancheggiatori di organizzazioni terroristiche. Come quella di Fethullah Gulen che ha seminato aderenti nelle Università, nei giornali, in polizia, magistratura, nell’esercito. La notte del fallito golpe furono uccise oltre 250 persone. L’Unione Europea che dice di difendere la democrazia, rimase in silenzio fino al giorno dopo».

Quando finirà lo stato d’emergenza?
«Prima o poi sarà tolto. Chi pensa di aver subito maltrattamenti può fare ricorso alla Corte Suprema e rivolgersi al Consiglio europeo e alla Corte europea dei diritti umani. E essere reintegrato. Ma questo non conviene dirlo».

Macron ha ammesso che attaccare Gheddafi è stato un grave errore…
«Con Gheddafi, Turchia Cina e Italia erano i Paesi che lavoravano di più in Libia. L’interpretazione aggressiva da parte di Paesi UE e Nato di una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu ha rovinato questo assetto. Non so se “l’errore” fosse non intenzionale. Ma non è la prima volta che alcune potenze chiedono scusa per il passato. Con l’Italia, sulla Libia, siamo sulla stessa linea. Vogliamo la riconciliazione fra le parti e un processo democratico condiviso da tutti. Ci preoccupa che il generale Haftar abbia invece un’agenda diversa ed esplosiva».

Quali le opportunità per le imprese italiane in Turchia?
«L’Italia si trova in una posizione unica, terza per l’interscambio.

Specie nelle infrastrutture, le vostre aziende sono in cima alla lista e i progetti ammontano a 7.4 miliardi di euro. Forti anche altri settori: tecnologie, banche, energia, trasporti… Siamo un Paese con 80 milioni di abitanti, molto giovane, con tanti potenziali consumatori, una circolazione alta di carte di credito, e praticamente tutti con smartphone e internet».

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