Romani come noi/ Scrittrice a 10 anni: «Così sono rinata dopo il dolore»

Romani come noi/ Scrittrice a 10 anni: «Così sono rinata dopo il dolore»
di Laura Larcan
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Sabato 27 Gennaio 2018, 09:33 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 17:27
Valeria Montemurro ha scritto il suo primo libro (Il paradiso di Zoe) a 10 anni. Ora di anni ne ha 14, ed ha già pubblicato il suo secondo romanzo (Amiche per le gemme), sempre con la Pegasus Edition. Due avventure fantasy che hanno già collezionato premi come giovane talento. Ma per Valeria, seppur giovanissima, scrivere ha significato «ricominciare da capo, ricominciare a vivere». Dopo il dolore lacerante per la perdita della sorella, alla fine di quella lunga maledetta malattia.

Nel primo libro hai affrontato il dolore della perdita. Come sei riuscita a superarlo?
«Quando è morta mia sorella sono scappata di casa per due giorni. Sono andata a dormire da un'amica e non volevo andare più a scuola. Poi ci sono tornata. Con la maestra siamo uscite a prenderci un tramezzino, abbiamo parlato. Poi ho capito che scappando non avrei placato il dolore. E dopo il funerale ho preso un foglio di carta e ho cercato di liberarmi. E dare un senso a quello che m'era successo».

Perché la scrittura?
«E' un modo per parlare di me. Mi piace condividere le storie che mi vengono in sogno o che immagino. Ogni volta mi dico che non ho l'ispirazione ma quando ho il foglio bianco davanti, riesco a scrivere sempre. E tutto».

Parli di sogno. Perché?
«Nei sogni si rifugiano le mie fantasie e i sogni mi aiutano sempre ad andare avanti, nella vita così come nelle storie dei miei libri».

Quanto c'è di te nei tuoi libri?
«Nel Paradiso di Zoe c'è tutto il dolore per la morte di mia sorella, e il cercare di trovare un modo per fare pace con me stessa e accettare la cosa. In Amiche per le gemme, c'è il mio carattere e il fatto di non sentirmi molto accettata nella scuola media».

Perché non ti sentivi accettata?
«La scuola media è difficile: tre anni sono pochi per conoscerci tra compagni. In classe poi eravamo poche femmine e i maschi sono complicati».

Perché il genere fantasy?
«Rifugiarmi in un mondo fantastico quando le cose non vanno funziona. Riesco a trovare risposte ai miei problemi».

Come?
«E' più facile affrontare le mie paure pensandole nelle sembianze di un mostro: avendole davanti è molto più facile lottarci contro».

Roma fa parte della tua creatività? Ti ispira?
«A Roma sono ambientati entrambi i miei libri. Il viaggio fantasy parte sempre da Roma. Per il Paradiso di Zoe sono andata a vedere la Cappella Sistina tante volte».

Cosa ti piace di Roma?
«A Roma non c'è mai silenzio. E io non amo il silenzio, mi rende nervosa. Roma è piena di persone che camminano, parlano al telefono. Piccole scenette che osservo e metto nel libro. E Roma è piena d'arte. Ho avuto una nonna maestra e una mamma che mi hanno insegnato ad apprezzare l'arte e il teatro lirico».

Cosa detesti di Roma?
«Gli autobus. Ne prendo tanti per tornare a casa. Stai lì e aspetti, aspetti».

C'è una libreria del cuore dove ti piace rifugiarti?
«Sì, vicino casa, a piazzale delle Medaglie d'oro. Ma ammetto che mi piace entrare sempre in una libreria quando mi capita di incontrarne una».

Roma è una città per giovani?
«È per giovani, sì, solo che loro non sanno fermarsi per apprezzarla veramente. Pensano che l'arte sia da vecchi».

Ora frequenti il primo anno del liceo classico europeo. A scuola sanno dei tuoi libri?
«Sanno che ho scritto due libri, ma non è una cosa che voglio far pesare. Infatti loro non mi vedono come la scrittrice. Meglio così».

Da grande vuoi fare la scrittrice?
«Si. Mi interessa anche la recitazione, però. E vorrei scrivere per il teatro. Mettere in scena le mie storie è ancora più liberatorio».

 
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