Roma, vendeva finti posti di lavoro alla Fao: condannato

Roma, vendeva finti posti di lavoro alla Fao: condannato
di Adelaide Pierucci
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Giovedì 11 Gennaio 2018, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 08:28

Vantava di avere contatti con uno dei porporati più influenti e stimati del Vaticano, il cardinale Giovanni Lajolo, ora presidente del cda della Lumsa. E grazie a quella finta conoscenza prometteva posti di lavoro, da impiegati, nella Sede Apostolica o alla Fao. Per fornire le mirabili assunzioni Francesco Antonio Petrocca, un cinquantenne romano con il fare da manager, chiedeva dai dieci ai ventimila euro a candidato. Una cifra fattibile per diverse famiglie della Roma bene che convinte di assicurare così un futuro sereno ai figli non esitavano nel mettere mani al portafoglio.

La certezza di un lavoro sicuro, in ambienti prestigiosi e a un passo da casa: Petrocca invogliava i papabili funzionari del Cupolone o degli uffici Fao in centro, con gentilezza e incontri rassicuranti, a fidarsi di lui. Ma visto che le parole e il savoir faire di Petrocca non potevano bastare per tenere a bada le pretese di chi poi a stretto giro, sborsati i soldi, voleva firmare il contratto di lavoro, il finto manager si è ritrovato denunciato e da ieri pure condannato per truffa. Dovrà scontare un anno e mezzo di carcere e risarcire dei danni le vittime. Una condanna che si andrà ad aggiungere ad un'altra grana giudiziaria: altri sei mesi di carcere per cui è stato condannato un paio di anni fa per una contestazione fotocopia. Secondo il giudice monocratico si sarebbe assicurato una caparra per la vendita di due posti di lavoro in Vaticano per una coppia di fidanzati.

L'ACCONTO
L'ultima contestazione riguarda una mamma che ha sborsato l'anticipo di 10.500 euro per dare un impiego al figlio, un ventenne neolaureato in psicologia. «Figuriamoci, mio figlio non sapeva niente - ha spiegato la donna ai giudici - Volevo fargli una sorpresa. Ci aveva promesso un posto alla Fao, come delegato del Vaticano. Dentro la busta con i soldi aveva preteso che mettessi il suo curriculum. Pensavamo che fosse una sorta di offerta, mica un raggiro». Francesco Petrocca, però - che avrebbe adescato le vittime anche su Facebook - ci teneva a non fare la figura dell'ingordo: «Per ora ho cinque posti liberi - avrebbe spiegato alla signora del caso Fao - La spesa per l'assunzione è minima, sui ventimila euro. Cinquemila sono destinati a chi va in prepensionamento e vi lascia il posto, il resto all'archivista che deve piazzare bene la pratica». Un istruttore equestre si era prenotato per tre assunzioni: anticipo 14.000 euro, affare fortunatamente sfumato, perché il finto manager che sosteneva di essere ammanicato in Vaticano era stato fermato dai carabinieri mentre intascava l'anticipo dei due fidanzati.

Secondo il pm Marica Caterina Sgrò l'imputato avrebbe provato anche a giocare la carta del broker pur di incassare soldi altrui. E' il caso di una funzionaria che gli aveva consegnato cinquemila euro per metterli a frutto in una società per acquistare una partita di profumi. «Una somma persa - ha scritto il magistrato - visto che non è stata mai investita nel suo interesse». L'avvocato Carlo Arnulfo dà per scontato l'appello: «Le parti erano perfettamente consapevoli delle modalità che avrebbe utilizzato l'imputato per assicurare loro i posti di lavoro».

 
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