Segreto investigativo, sì al conflitto di attribuzione tra pm e governo

Una sala per le intercettazioni
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Mercoledì 6 Dicembre 2017, 21:44
L'allarme era stato lanciato dai procuratori e dal Csm già diversi mesi fa, in piena tempesta sull'inchiesta Consip tra fughe di notizie e dubbi su prove manipolate. E aveva suscitato la reazione indignata del capo della polizia Franco Gabrielli. Ora sarà la Corte costituzionale a stabilire se sono fondati i timori suscitati nella magistratura dalla norma che ha imposto alla polizia giudiziaria di riferire ai propri vertici, in via gerarchica, le notizie di reato inoltrate all'autorità giudiziaria. La Consulta ha infatti dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni sollevato dal procuratore di Bari, Giuseppe Volpe, nei confronti del governo per quella disposizione inserita a sorpresa nel decreto che nel giugno scorso ha accorpato la Forestale all'Arma dei carabinieri. E nelle prossime settimane sarà fissata l'udienza per la trattazione del conflitto nel merito.

La norma venne introdotta con l'obiettivo dichiarato di evitare duplicazioni e sovrapposizioni tra le forze di polizia e e per ottenere così un efficace coordinamento informativo. Per il procuratore di Bari però non solo il governo è andato oltre la delega ricevuta dal parlamento, ma ha di fatto abrogato parzialmente il segreto investigativo, che è uno dei cardini del nostro sistema processuale, introducendo una sorta di deroga alla segretezza. Non solo: introducendo quell'obbligo a carico della polizia giudiziaria,il governo ha anche leso le prerogative riconosciute dalla Costituzione alla magistratura inquirente. Perchè quella norma contrasta con il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale (articolo 112), che garantisce l'indipendenza funzionale del pm da ogni altro potere e soprattutto da quello esecutivo; e lede anche l'articolo 109 della Costituzione che dà ai pm il potere di disporre direttamente della polizia giudiziaria.

Sono gli stessi rilievi che aveva mosso a giugno il Csm, che sollevò il problema anche del rischio di «interferenze» nelle indagini dei magistrati con la trasmissione di notizie sulle inchieste a «soggetti che non rivestono la qualifica di polizia giudiziaria e che, per la loro posizione apicale, vedono particolarmente stretto il rapporto di dipendenza organicca dalle articolazioni del potere esecutivo».
Fu questo il passaggio che fece sentire «offeso» Gabrielli, «come se il sottoscritto - disse in un'intervista - e i vertici delle forze dell'ordine non avessero giurato fedeltà alla Costituzione, ma alla maggioranza di governo del momento».
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