Tutte le bugie di Etruria su quei bond poi azzerati

Tutte le bugie di Etruria su quei bond poi azzerati
di Valentina Errante
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Martedì 5 Dicembre 2017, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 18:09

Bugie al mercato, mancate informazioni al pubblico, violazione delle regole sulla profilatura dei clienti. È il retroscena, descritto da Consob, in relazione all’emissione, tra il 2012 e il 2014, di 677,9 milioni di obbligazioni Etruria (subordinate e senior) vendute agli investitori comuni e poi annullate per decreto del Tesoro.

Gli atti dell’istruttoria, che si è conclusa con sanzioni per 2,76 milioni di euro, sono tuttora all’esame della procura di Arezzo, che ipotizza per i componenti dell’ultimo cda di Etruria (del quale Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena, era vice presidente) i reati di falso in prospetto, per non avere adeguatamente informato i clienti sui rischi, e di accesso abusivo al credito, proprio per i soldi incassati dalla Banca in difficoltà sulla base delle false informazioni fornite agli investitori. 

Sullo sfondo, anche l’ipotesi che i vertici di Etruria abbiano mentito alla Consob, sebbene, nell’ultima modifica del prospetto contestato (il 23 dicembre 2013 con la concessione di soli cinque giorni per il recesso) Etruria avesse inserito l’esito dell’ispezione di Banca d’Italia. Consob, nelle delibere, costate a Pier Luigi Boschi 160 mila euro, fa riferimento «alla gravità obiettiva delle violazioni accertate, in relazione agli interessi protetti dalla norme violate e alla diffusione delle conseguenze dannose anche potenziali». Di fatto il valore delle azioni, azzerate con il decreto del 22 dicembre 2015, ammonta a 275 milioni. La gran parte era detenuto da famiglie e da piccoli risparmiatori.

LE INFORMAZIONI AL PUBBLICO
Secondo la Consob i vertici di Etruria avrebbero omesso di informare il mercato dell’effettiva situazione aziendale, tacendo una serie di informazioni, indispensabili alla clientela per comprendere l’effettivo rischio di quel tipo di investimento, rivelatosi poi suicida.

Si legge nell’atto della Consob, notificato ai componenti del cda e agli atti dell’inchiesta della procura di Arezzo: nei prospetti informativi diffusi da banca Etruria in relazione «all’offerta di prestiti obbligazionari, svolta nel periodo compreso tra il 31 luglio 2012 e il 12 giugno 2014, non risultano essere state adeguatamente riflesse le iniziative di vigilanza poste in essere da Banca d’Italia con le proprie note del 24 luglio 2012 e del 3 dicembre 2013, nonché i contenuti del rapporto ispettivo del 5 dicembre 2013 nei profili rilevanti ai fini dell’offerta al pubblico». Non solo, Etruria, scrive ancora la Consob, ha «omesso di riportare, tempo per tempo, nella citata documentazione d’offerta, o in un eventuale supplemento della stessa, i rilievi formulati da Banca d’Italia nella proprie note del 24 luglio 2012 e del 3 dicembre 2013, aventi ad oggetto la “Situazione aziendale” nonché i “rilievi e osservazioni”, considerato che le informazioni in oggetto erano certamente necessarie per consentire agli investitori di pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’emittente, nonché sui suoi risultati economici e sulle sue prospettive». 

LE OMISSIONI A CONSOB
Ai componenti del cda si contesta di non avere riferito neppure alla Consob quale fosse la reale situazione patrimoniale della banca, proprio quando il prospetto che avrebbe accompagnato le obbligazioni doveva ricevere l’ok della Commissione per la Borsa. Circostanze che avrebbero pesato proprio sul via libera. Il riferimento è «al contenuto della risposta fornita in data 27 maggio 2013 ad una richiesta formulata dalla Consob in data 20 maggio 2013, nel corso dell’istruttoria di approvazione del Prospetto, e, in particolare, per avere la Banca fornito in riscontro informazioni lacunose e non corrispondenti alla reale situazione aziendale».

I PROFILI DI RISCHIO
Consob contesta irregolarità «che hanno pregiudicato la corretta prestazione dell’investimento, la dimensione e il perdurare nel tempo delle condotte scorrette poste in essere». Di fatto l’emissione di quelle obbligazioni costituiva per Etruria l’ultimo tentativo di salvezza, una ricapitalizzazione che, forse, secondo i vertici, avrebbe potuto risollevare le sorti della banca, finita in default. A fare le spese della clamorosa omissione i risparmiatori, parti civili nei processi per truffa avviati nei confronti dei funzionari, proprio per la vendita i quelle obbligazioni. 

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