Ostia, una task force per la guerra dei clan. Gabrielli: «Non serve l'esercito»

Ostia, una task force per la guerra dei clan. Gabrielli: «Non serve l'esercito»
di Sara Menafra e Raffaella Troili
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Martedì 28 Novembre 2017, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 10:14

Spostare agenti proprio nella zona considerata più pericolosa e sensibile della capitale. E muovere verso Ostia anche funzionari e graduati che abbiano maggiori capacità investigative a partire, quindi, dal rafforzamento della presenza degli uomini della Squadra mobile per indagare su sparatorie ed intimidazioni che sembrano avere tutte le caratteristiche di una vera e propria guerra tra clan per conquistare pezzi di un territorio che fa gola a molti.

La riunione di ieri mattina a palazzo Valentini tra il prefetto, Paola Basilone, il questore Guido Marino e il comandante provinciale dei Carabinieri Antonio De Vita ha puntato, prima di tutto, sull'organizzazione delle forze a Ostia. Nelle scorse settimane in molti, a cominciare dai sindacati di polizia, avevano puntato il dito contro la riduzione di personale permanente nella zona (una sola volante, per quel che riguarda la polizia, controlla l'intera area fino ad Ardea, cinquanta chilometri di costa) e dunque proprio da questo punto ieri si è scelto di ripartire. No all'intervento dell'Esercito, ha chiarito il capo della Polizia, Franco Gabrielli. «L'esercito non è una risposta - ha tagliato corto - Le risposte le devono dare primariamente le forze di polizia». Il rafforzamento delle presenze è stato concordato anche con il ministro dell'Interno, Marco Minniti, che ieri ha sentito più volte il prefetto Basilone e domenica aveva spiegato di considerare prioritario il contrasto alle mafie di Ostia.

FAIDA O NUOVE ASCESE
La gente di Nuova Ostia lo sa - come pure gli investigatori - «aspettavano una stupidaggine per ricominciare la guerra, con quella capocciata Spada ha aperto un vuoto di potere». È finita la pax criminale, ma era nell'aria. Ora un braccio di ferro tra clan è in atto per accaparrarsi le piazze di spaccio della droga, del racket delle case popolari e dell'usura. Alla luce degli avvertimenti dei giorni scorsi (sparatorie e gambizzazioni), si è parlato di una faida interna tra il clan degli Spada e quello dei potenti Fasciani, da sempre alleati, ma ora con entrambi i capi in carcere (don Carmine e Roberto Spada). Ma in quel laboratorio criminale che è il X Municipio, gli investigatori considerano più probabile che altri clan possano aver approfittato della debolezza delle due storiche famiglie che si spartiscono i territori dello spaccio.

Potrebbero essere i Casalesi di Casal di Principe che hanno ramificazioni nell'entroterra, ad Acilia, nella famiglia Guarnera oppure i Triassi i siciliani di Ostia, arrivati da Agrigento a gestire i chioschi sul lungomare oltre a pretendere una fetta del business della droga. O ancora, i cileni di Nuova Ostia, responsabili del piccolo spaccio nella zona, forse pronti ad approfittare della debolezza dei clan più potenti. Così a Nuova Ostia nella terra degli Spada e della nuova guerra di potere, la paura, il senso di abbandono sferzano l'aria. Carcasse di auto bruciate, lapidi, pitbull incattiviti come i volti di certe anime che ciondolano ma si vede che vigilano. Il Comune non è mai entrato nelle politiche abitative, nella case di via del Sommergibile gestite dai clan è tutto occupato, serrato da porte e inferriate. Entri o esci a suon di ricatti, paghi per restarci e stare tranquillo, può capitare di dover cedere una stanza e vederti ridotto il tuo appartamento.

Via Forni, via Fasan, via delle Corazzate, ogni civico racconta una sparatoria, «ma ora abbiamo paura, che un proiettile prenda anche noi», ammette chi riesce ad amare questo posto perché s'intravede il mare forse e perché «qui c'è anche tanta gente che si alza alle 3 per andare a lavorare». L'assenza di un qualsiasi controllo da parte delle istituzioni è il c'era una volta di una storia cristallizzata. Campo libero a chi estorce protezione in cambio di un piatto di pasta, chi gestisce gli appartamenti di Comune e Regione e si fa pagare la tranquillità di restarci. La gente va di corsa: «Ti devi fare gli affari tuoi, e tiri avanti».

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