Montalto, un motore in fondo al mare svela la tragedia dell'aereo FiatG12 precipitato nel 1943: morirono in 24, due i superstiti

Il motore con l'elica che giace sul fondo del mare davanti la costa di Montalto
di Marco Feliziani
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Novembre 2017, 11:02 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 15:19

Una nuova scoperta sui fondali davanti la costa di Montalto apre uno squarcio di luce sulla storia del secondo conflitto mondiale. I sub dell’associazione Assopaguro, con la collaborazione dei “Subacquei di Montalto”, hanno rinvenuto un reperto davvero eccezionale, che giace da 74 anni tra la vegetazione marina di questa parte del Mar Tirreno. Si tratta di uno dei tre motori d'aereo Fiat G12, adibito al trasporto militare, corredato da una grande elica. Il ritrovamento testimonia quello che resta di uno degli aerei che ha fatto la storia dell’aviazione militare. Una scoperta che mette in risalto non tanto il velivolo in sé per sé inabissatosi nel 1943, ma la tragica fine di soldati e civili che hanno contribuito a difendere la propria Patria.
 

 




«Ci sono volute settimane e settimane di ricerche - spiega Vittorio Gradoli, presidente dell'Assopaguro - per dare finalmente un senso alla nostra scoperta. Dopo una sommaria ispezione subacquea, abbiamo notato un piccolo meccanismo con due targhette. In una di queste figurava in grande la scritta Fiat con la dicitura “Regolatore di tipo 2” per motore A 74 RC 42. Da qui ho consultato materiali in mio possesso e ho potuto stabilire che il motore apparteneva ad un Fiat G12, inizialmente utilizzato nel ‘40 come aereo di linea ma con l’avvento della guerra diventò un aereo da trasporto tattico della Regia Aeronautica. Alla fine del conflitto fu nuovamente convertito in aereo di linea e fu il primo aeromobile usato, nel 1947, dalla neonata Alitalia, aveva da 14 a 22 posti e raggiungeva 396 km/h di velocità. Un motore da 9 cilindri radiali raffreddati ad aria da 770 CV ciascuno». il primo volo Alitalia vennne effettuato da Torino Aeritalia il 5 maggio 1947 con destinazioni Roma e Catania, 18 i passeggeri.

Ma cosa ci faceva quel motore lì in fondo al mare? Chi c’era a bordo di quell'aereo e perché era precipitato? Molte le domande che ben presto hanno trovato una risposta dopo uno scrupoloso lavoro di ricerca. «Di incidenti aerei a quell'epoca ce ne furono molti - spiega ancora Gradoli - e all'appello mancavano due G12, dispersi nel 1943, dei quali si erano perse le tracce ma di cui sono note tuttora le matricole militari. Tutti e due trasportavano truppe e personale civile dalla Sardegna a Roma Centocelle e viceversa (zone non ancora liberate dagli Alleati, ndr). Evidentemente, dal momento che non erano stati ritrovati i loro resti a terra, i due aerei potevano essere finiti in mare».

E’ grazie agli amici del forum “Archeologi dell’Aria”, che Gradoli viene a sapere che un’elica di un Fiat G12 «era stata recuperata negli anni ’90 da un pescatore nel Golfo di Baratti, nei pressi di Populonia (provincia di Livorno, ndr)». Da qui l’appuntamento con il personale dell’ufficio storico dell’Aeronautica militare a Roma, per consultare i fascicoli riguardanti le matricole militari degli aerei dispersi e si viene a sapere quello che è accaduto in quel fatidico 1943. Consultando gli scarni bollettini, il G12 decollò da Roma all'alba del luglio del ’43 e non raggiunse mai la destinazione.

Altri bollettini e telegrammi poi rendono chiara la vicenda: una motozattera recuperò a 4 miglia davanti la costa di Montalto due naufraghi. In altri dispacci si precisa che un motopeschereccio il 31 luglio di quell'anno trovò alcuni relitti del velivolo, oltre a salme galleggianti, recuperando due naufraghi. Viene anche precisato che a bordo dovevano esserci 26 persone, ma che non c’è un elenco ufficiale. Dalle ricerche emerge che il pilota era il tenente Ferdinando Beghelli di Salsomaggiore (Parma) e il copilota il sergente Paride Candido di Udine. I superstiti erano l’aviere Santarelli Cesare e Chinetti Nello, operaio civile, all'epoca ricoverati all'ospedale di Tarquinia. Nel verbale firmato da Santarelli l’aviere dichiara che «dopo due ore di volo l’apparecchio perse quota toccando quasi l’acqua per ben due volte, alla terza urtò in pieno spaccandosi in due».

«Altre ricerche - aggiunge Gradoli - lasciano poi pensare che l’incidente avvenne il 1° agosto, in altre ancora il 31 luglio.
C’è anche una lettera di un padre che vuole recuperare, a guerra finita, la salma della figlia suora che fu trovata qualche giorno dopo sulla spiaggia di Tarquinia, e tumulata nella stessa cittadina». Una storia di quelle che non compaiono sui libri e fa riflettere su quanto inumana sia la guerra. E come da un motore, un’elica e una matricola, si possono ricostruire vite da raccontare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA