Il presidente destituito più vicino all’arresto/ Catalogna nelle mani della vice di Rajoy. Puigdemont: «Resistere pacificamente

di Beniamino Caravita
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Domenica 29 Ottobre 2017, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 15:33
Un gesto violento come la dichiarazione di indipendenza richiede importanti profili di legittimazione. 
La dichiarazione di indipendenza, e la conseguente secessione da una fino allora condivisa realtà statuale, richiede che esistano importanti, irresistibili profili di legittimazione dell’evento, profili che possono essere di diritto costituzionale, di diritto internazionale, ovvero economici, politici, culturali. 
Nel caso catalano, fa impressione come un’analisi appena approfondita possa dimostrare che - al di là degli errori di posizionamento della classe politica centrale, forse ancora non pienamente matura e comunque indebolita da decenni in cui le maggioranze politiche si reggevano necessariamente su partiti regionali - non esiste a favore della secessione catalana alcun profilo su cui fondare una legittimazione minimamente sostenibile. 

Nessun dubbio che siffatta legittimazione non esista sotto il profilo del diritto costituzionale interno: la Costituzione spagnola, pur nell’ampio riconoscimento delle autonomie regionali, si basa sulla unità e indivisibilità dello stato spagnolo e, in nome di questo principio, la Corte costituzionale spagnola aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge catalana di indizione del referendum sull’indipendenza.
Nessuna legittimazione può essere ritrovata nel quadro costituzionale europeo, giacché l’articolo 4 del Trattato prevede esplicitamente che l’Unione Europea rispetta l’integrità degli Stati membri: non è un caso, allora, che le istituzioni comunitarie si siano tenute alla larga dalla vicenda; l’unico strumento che potrebbe permettere un intervento europeo è l’eventuale violazione dei principi espressi nell’articolo 2 del Trattato, che legittimerebbe l’apertura della procedura prevista dell’articolo 7. 

Nel diritto internazionale, che pur conosce esperienze di separazione di Stati, la secessione può essere accettata solo se serve a contrastare una occupazione coloniale, una occupazione militare, una situazione di grave violazione della democrazia e delle libertà fondamentali: nulla di tutto ciò nel caso catalano. 
Ma l’indipendenza catalana non trova nemmeno una giustificazione economica: da un lato, la ricchezza della Catalogna deriva in larga misura dalla sua collocazione nell’economia spagnola, dall’altra, le principali aziende stanno ormai abbandonando Barcellona. Non trova in verità una giustificazione politica, se non il debolissimo richiamo ad una legittimazione repubblicana nei confronti della monarchia, non essendo invece accettabile agli occhi degli spagnoli e degli europei la rottura di ogni legame di solidarietà con il resto del territorio statale. 
Ma in unaEuropa che nei secoli scorsi fu costituita da Regni, Principati, Ducati, che trovarono alla fine una più o meno precoce unificazione nazionale, non basta certo la presenza di un Regno autonomo nei secoli XVI e XVII a dare fondamento ad una indipendenza dichiarata nel XXI secolo. 

E, infine, nell’Europa delle 103 lingue (per ricordare il titolo di un felice libretto di Tullio de Mauro) non è sufficiente nemmeno una legittimazione linguistico-culturale: cosa potrebbe succedere allora nei Paesi Baschi, in Corsica, in Sardegna, in Sicilia, nella Moravia, in Belgio, nelle aree russofone dei Paesi Baltici? 
La dirigenza catalana si è fatta sfuggire di mano in modo irresponsabile la partita, dichiarando una indipendenza che nessuno riconoscerà; il separatismo catalano verrà probabilmente sconfitto, la democrazia spagnola avrà comunque subito una ferita. Ma quel che preoccupa sono le conseguenze che questa vicenda può avere sui processi continentali: in una fase in cui l’Europa già deve affrontare minacce esterne, crisi economica, processi centrifughi i fenomeni di disgregazione territoriale che la vicenda catalana può innescare possono avere un impatto dirompente sulla tenuta dell’Unione.
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