Grillo diserta la piazza vuota. E nel Palazzo il suk dei seggi

Grillo (Ansa)
di Mario Ajello
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Venerdì 13 Ottobre 2017, 09:31
Fuori, nella piazza del no, il semi-vuoto. Dentro il Palazzo, il pienone. Una folla da suk. Popolata da sommersi e da salvati. Ma nessuno sa in quale delle due categorie il Rosatellum lo destinerà. Mi ricandidano? Non mi ricandidano? E in che collegio mi conviene piazzarmi? Queste sono le angosce, bipartisan, da Transatlantico, dove le elezioni tutti le vedono più vicine. E tremano per la propria sorte personale prima ancora che politica.

L'ansia di Beppe Grillo sembra ancora più profonda delle altre. Atteso per tutta la giornata come star della super-protesta, alla fine decide di non presentarsi. Perché la piazza ha fatto cilecca: mai più di 200 persone, e inserirsi nel fiasco non conviene. E soprattutto perché, così fa dire ai suoi, «non vuole essere ingombrante». Ovvero: ha delegato la gestione della piazza al gruppo parlamentare, e a Di Maio che è il capo, ha cercato di far risultare che non tutto di pende più da lui e soprattutto: il suo show avrebbe catalizzato l'attenzione completamente su Grillo, i titoli dei media sarebbero stati solo su di lui e via dicendo. E allora, niente: la strategia dell'assenza.

Soltanto Virginia Raggi ha provato a dare una scossa. Soprattutto, ha cercato di averla lei dalla piazza. Bisognosa di affetto e di sostegno, si tuffa sulla piccola folla davanti a Montecitorio e tutti le gridano «bravaaaa». Soprattutto i grillini arrivati dalla Valtrompia e quelli sbarcati da Nuoro sono quelli più complimentosi. Quando scende dal camioncino-palco, indossa un caschetto dei vigili del fuoco. Con i quali ha appena chiacchierato a lungo. «Il popolo di Roma ti ama», le urlano alcuni manifestanti. Selfie e via così. Cerca di ritrovare un suo popolo Virginia. E grida contro il Rosatellum: «È vergognoso, non si cambiano le regole del gioco così». Ma se ci fosse Grillo, sarebbe tutto un altro effetto. Lui dice che non è voluto andare in piazza anche perché i tiggì l'hanno ridicolizzata e lui non intende partecipare a un evento snaturato e demonizzato dai servizi giornalistici.

POLTRONE
Di certo però, la piazza affidata al moderato Di Maio non funziona. E alla fine, al posto di Beppe, tutto il gruppo dirigente sale sul palchetto. Ma non è la stessa cosa di un super-show del leader e comico. E dentro il Palazzo? La coppia forzista Giacomoni-Valentini, assistenti personali di Berlusconi oltre che parlamentari, è tampinata in Transatlantico. Una loro buona parola presso il Cavaliere può decidere la ricandidatura (salvati) o l'eliminazione dalle liste elettorali (sommersi). Insomma da destra a sinistra tutti già alla ricerca del posto sicuro, ma nessuno sa dov'è - «Mi conviene Lombardia 1 o Sicilia 2?», chiedono tutti a Giacomo Portas, leader dei Moderati che ha la tabellina delle circoscrizioni proporzionali e maggioritarie.

E ostenta di saperla tanto più lunga degli altri che tutti lo vanno a supplicare: «Dimmi dove sarò veramente blindato». Lui dice, non dice, chissà. Ma chi può veramente sapere, adesso, come sarà la propria sorte? «Nessuno», assicura Pisicchio, presidente del Gruppo Misto. Ma all'ora di pranzo pare che sia stata trovata la quadra: per uno di centro-destra, che vuole riavere la poltrona via Rosatellum, il posto migliore dove candidarsi è nei collegi dove centrodestra e centrosinistra sono quasi appaiati e i voti che Mdp toglie in quel collegio al Pd manderanno a Montecitorio quello di Forza Italia. Facile, no? Ma è già cominciata la ressa per accaparrarsi quella posizione perfetta, e una vecchia volpe come Mario Pepe, ex deputato di Forza Italia ancora amico del Cavaliere, si diverte: «Di solito, Berlusconi stacca il telefono e non parla più con nessuno a partire da dieci giorni prima la chiusura delle liste. Stavolta, credo che comincerà a sparire da subito». Anche perché, esageratamente, gli attuali inquilini del Palazzo pensano che si voti domani.
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