La partita alleanze/Prove generali di larghe intese (con imprevisti)

di Marco Gervasoni
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Venerdì 13 Ottobre 2017, 00:05
Nello scetticismo generale, di addetti ai lavori e di cittadini, per cui fino a una settimana fa pochi avrebbero scommesso il proverbiale soldo bucato, la Camera è riuscita ad approvare la nuova legge elettorale. Che ora naturalmente dovrà passare al Senato, dove l’attende quasi certamente la fiducia. Senza infatti l’intervento del governo, difficilmente essa sarebbe passata. Per questo il primo a essere soddisfatto del risultato di ieri è proprio il premier Gentiloni, che si trova confortato da un risultato quantitativamente solido, visto che il numero di franchi tiratori è rimasto nella quota fisiologica prevista alla vigilia.

Non era qualcosa di scontato. Prima di tutto per la decomposizione attuale dello scenario politico, in cui è sempre più difficile per i gruppi parlamentari restare coesi. E poi perché non c’è terreno più disseminato di mine che il varo di una legge elettorale: perché da questa dipende vita (o morte) politica di ogni singolo parlamentare. Dal risultato di ieri emerge che, pur se indebolito, il quadro politico non è così spappolato.

E che i parlamentari hanno rispettato lo spirito di squadra, pur sapendo molti di loro che, con questa legge elettorale, non saranno rieletti. Un altro risultato non scontato riguarda la maggioranza che ha sostenuto la legge. Le piazze, pentastellate e rosse, che urlavano fuori da Montecitorio, farebbero pensare all’esistenza, da un lato di un fronte di «responsabili», e dall’altro di uno «anti-sistema». Ma non è così. A votare decisamente l’accordo è stata anche la Lega, di solito inserita nel fronte «populista». Salvini è stato infatti determinante, più che per i voti, per convincere Berlusconi a intraprendere una strada che, forse, egli non avrebbe calcato senza i leghisti. Il voto di ieri salda quindi in maniera più coesa l’alleanza di centro-destra, e anche se Giorgia Meloni si è opposta al Rosatellum, è difficile che rimanga fuori dallo schieramento, vista la nuova legge elettorale.

Al tempo stesso però, la nuova legge disegna schieramenti talmente elastici che, dopo le elezioni, ogni partito ritroverà la propria capacità di movimento. e le aoalizione di oggi, definite dalla legge elettorale, potrebbero rivelarsi come crisalidi che liberano la farfalla. Non è da escludere che si dovrà formare un governo di larghe intese, fondato sul Pd e Forza Italia: un’operazione in cui la Lega si chiamerebbe fuori. Anche perché a tutt’oggi appare irrealistica una alleanza stile vecchio centrosinistra attorno al Pd, che ieri ha siglato una rottura totale con Mdp, difficilmente sanabile; quanto a Pisapia, nessuno sa ancora di quali consensi effettivi goda nel paese. Insomma, garanzie di una chiara maggioranza nella prossima legislatura non ce ne sono. Il voto di ieri reca però anche conseguenze più immediate: rafforza Gentiloni non solo nello scenario post elezioni politiche, come possibile premier di un governo di larghe intese, ma anche nei pochi mesi che ci aspettano dalla chiusura della legislatura.

Difficile infatti che, se ci fossero problemi sulla legge di Stabilità, i parlamentari di Forza Italia scelgano la strada dell’opposizione assoluta.
<HS9>Last but not least, un ruolo importante ha giocato anche il Quirinale, arbitro attento a non intervenire direttamente ma al tempo stesso a legittimare il ricorso alla fiducia - che del resto legittimo lo era da ogni punto di vista. E’ innegabile che ogni attore politico si sia mosso alla ricerca del proprio interesse, convinto di guadagnare più da questa legge che non da un voto con il proporzionale puro. E anche se il Rosatellum è tutt’altro che perfetto, e tutt’altro che scevro di rischi, per una volta i singoli egoismi hanno portato a un risultato all’insegna del realismo e del buon senso.

 
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