Ius soli, stop di Gentiloni: «Adesso non si può fare»

Ius soli, stop di Gentiloni: «Adesso non si può fare»
di Alberto Gentili
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Venerdì 6 Ottobre 2017, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 10:33

Lo sciopero della fame a staffetta del ministro Graziano Delrio e di sottosegretari e parlamentari a favore dello ius soli non impressiona Paolo Gentiloni. Anzi. Il premier non gradisce il pressing dei componenti del governo. Soprattutto dopo che in più occasioni ha confermato l'impegno ad approvare la legge sulla cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia, se in Senato si creeranno le condizioni. E l'ha spiegato a Delrio, ricevendolo nel pomeriggio a palazzo Chigi. Tant'è, che il ministro in serata afferma: «Se non ce la facciamo ad approvare lo ius soli, amen».

NESSUNA ACCELERAZIONE
C'è chi dice che il ministro Anna Finocchiaro stia sondando Alternativa popolare (Ap). Che per convincere Angelino Alfano a dire sì alla legge prima della fine del mese (quando comincerà la sessione di bilancio), il Pd sia pronto ad addolcire le norme contestate dai centristi. Ma ciò vorrebbe dire riportare il provvedimento alla Camera e (visti i tempi) affossarlo là. Anche per questo nelle stanze del governo garantiscono che la road map indicata da Gentiloni non cambia: «Un istante dopo l'approvazione della manovra economica ci porremo il problema. Lo ius soli non è un capitolo chiuso. Il premier ci proverà, ma prima deve mettere al sicuro la legge di bilancio. In ogni caso non sarà uno sciopero della fame a convincere chi è contrario a votare sì».

Nessun cambio di programma e nessuna accelerazione, perciò. Anche perché, come ha annunciato tempo fa il sottosegretario Maria Elena Boschi, «al momento i voti in Senato non ci sono»: Ap continua a non voler votare la fiducia, indispensabile per il varo del provvedimento. E l'addio di Articolo 1-Mdp alla maggioranza non aiuta: ora sono diventati decisivi i voti dei centristi vicini a Denis Verdini e Gentiloni ha una ragione in meno (accontentare Mdp) per spingere sull'approvazione dello ius soli. D'altra parte il capogruppo del Pd Luigi Zanda, convinto sostenitore del provvedimento, sta ancora cercando il modo (e i voti) per portare a casa la legge.
Renzi, pur favorevole, si affida alle valutazioni del premier e resta molto prudente. «Il Senato finirà di votare la manovra economica tra fine novembre e inizio dicembre», dicono a largo del Nazareno, «dopo di che, tempo un mese, Mattarella scioglierà il Parlamento. E non sarebbe proprio una passeggiata di salute varare a ridosso delle elezioni una legge invisa alla maggioranza dell'opinione pubblica...». In estrema sintesi: «Dispiace dirlo, perché lo ius soli è un provvedimento giusto e sacrosanto, ma approvarlo come ultimo atto della legislatura sarebbe politicamente un suicidio».

Si moltiplicano in ogni caso le adesioni allo sciopero della fame. Mentre la presidente della Camera Laura Boldrini fa sapere che sta pensando se parteciparvi o meno, il senatore Luigi Manconi annuncia che, dopo Delrio, hanno aderito il viceministro Mario Giro, i sottosegretari Benedetto Della Vedova, Andrea Olivero, Angelo Rughetti e, «nelle ultime ore, una settantina di parlamentari». Tra questi diversi esponenti di Campo progressista, a cominciare dallo stesso Giuliano Pisapia.

L'AUTODIFESA DEL MINISTRO
Delrio comunque difende la sua scelta: «Il parlamentare risponde alla Nazione, non alla disciplina di partito. Sui diritti civili non ci si astiene. Rispondiamo a un appello di un gruppo di insegnanti. Aderisco allo sciopero della fame come cittadino, visto che credo in questa riforma. Da ministro sono convinto che si debba mobilitare anche la società civile. Si è fatta confusione su questa legge, c'è bisogno di una discussione più pacifica». Poi, a Porta a Porta, quasi alza bandiera bianca: «Questo tema attiene alla coscienza dei singoli parlamentari. Non so se ci sarà la maggioranza. Se non ce la facciamo, amen. Mi interessa però fare un dibattito ragionato, tranquillo, ragionevole». Salvo poi precisare lasciando gli studi Rai: «Il mio amen non indica un senso di rinuncia. Solo il fatto che, se non ci sono i numeri, ne prenderò atto. Ci si prova però fino alla fine. Gentiloni ha detto che si lavora per tutto l'autunno».