Droga, importavano enormi quantità di cocaina dal Sudamerica: arrestate 19 persone

Droga, importavano enormi quantità di cocaina dal Sudamerica: arrestate 19 persone
di Mario Meliadò
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Giovedì 14 Settembre 2017, 01:23 - Ultimo aggiornamento: 17:06

Diciannove narcotrafficanti che importavano ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica sono stati colpiti da misure cautelari tra Sicilia, Calabria e Campania grazie a una duplice operazione antidroga messa a segno da Polizia di Stato e Guardia di finanza. In 13 sono finiti dietro le sbarre; quattro persone sono invece ai domiciliari, misure alternative hanno interessato le ultime due. Oltre a questi 19 soggetti, sono state disposte misure cautelari anche per altri tre trafficanti in atto irreperibili.

A capitanarli Alessandro Bono, 38enne di Carini – nel Palermitano –, già finito dietro le sbarre nel 2010 in seguito all’operazione “Walt Disney”, per un “giro” di ecstasy che faceva arrivare ai lidi Palermo dalla Germania: le pilloline viaggiavano a bordo di Tir, nascoste dentro pacchetti di caramelle. Suo padre, Vincenzo Bono, finì in carcere per narcotraffico già negli anni Ottanta.
 
“Cinisaro” e “Meltemi” le indagini condotte tra il 2014 e il 2017 che hanno portato al blitz con cui la Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha sgominato un’organizzazione capace di far pervenire all’aeroporto “Falcone e Borsellino” del capoluogo siciliano ingentissimi quantitativi di “neve” da Colombia, Venezuela, Ecuador e Costarica. In questi anni, le forze dell’ordine – in collaborazione con le polizie spagnola ed ecuadoregna – sono anche riuscite a intercettare diverse “spedizioni” per 33 kg di cocaina complessivamente, la cui logistica dice parecchio della spregiudicatezza dell’organizzazione: alcuni sequestri di droga sono stati messi a segno anche in altri aeroporti (Fiumicino, Ciampino e Malpensa) come pure a bordo di ferry-boat e persino di autobus di linea.
 
Lo stupefacente veniva trasportato da “corrieri” siciliani e calabresi come Pietro Balsamo, Carmelo Cutrì, Michele Ferrante, Concetta Gangemi e Nino Vittorio Tripodi, stipato all’interno di caffettiere e libri e altri oggetti ancora. Poi la coca, per come accertato nelle inchieste coordinate dal procuratore distrettuale di Palermo Salvatore Lo Voi, dall’aggiunto Salvo De Luca e dal pm Maurizio Agnello, finiva dritta nelle vie di Palermo ma anche a Partinico e in altre “piazze” nel Palermitano, come pure a Trapani, Mazara del Vallo e in altri angoli del Trapanese ancora.
 
In parte la droga veniva ceduta a Bono e ai suoi, in parte a Francesco Tarantino, altra “chiave di volta” in quest’architettura del traffico internazionale di droga. Ma stando alle indagini, partite di cocaina sono finite anche nelle mani di Fabio Chianchiano, in carcere per omicidio e ritenuto contiguo al mandamento Tommaso Natale-San Lorenzo, che si sarebbe approvvigionato anche da elementi campani come Ernesto Anastasio.
 
Tra i soggetti “intranei” c’erano poi narcos in stile manageriale, muniti di BlackBerry di difficile intercettabilità e di pochi effetti personali nei loro trolley, all’apparenza dei perfetti turisti. Il 30enne calabrese Rocco Morabito, ad esempio, è considerato dagli investigatori un elemento-chiave per l’acquisto dal Sudamerica d’enormi quantitativi di cocaina che rivendeva ai partner siciliani. E poi, i partner colombiani finiti in un penitenziario: Edwin Arturo Molano Hurtado, John Jarlin Rosero Murillo, David Guillermo Naranjo Vasquez, Gloria Sulay Cotazo Zamorano.
 
Grazie anche alla loro scaltrezza, Alessandro Bono – adesso nuovamente in cella –, coadiuvato da Salvatore Faraci, ordinava dai produttori sudamericani quantitativi di polvere bianca sempre più ragguardevoli. Un aspetto che è tutt’altro che un dettaglio: come ripetono instancabilmente i magistrati “memoria storica” del contrasto alla ‘ndrangheta, da lunghi anni è proprio la criminalità organizzata calabrese la consorteria mafiosa “cardine” nelle trattative con Medellin e i vari altri “cartelli” della droga. Se davvero adesso i rapporti di forza stanno iniziando a cambiare, bisognerà ricostruire con grande accuratezza le motivazioni (e i flussi di denaro) all’origine di questi mutamenti.
Tra i compiti che attendono adesso gli specialisti delle forze dell’ordine, la decrittazione delle fitte chat con cui i narcotrafficanti comunicavano in codice. 

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