Migranti, la Chiesa si divide sull'«Aiutiamoli a casa loro»

Migranti, la Chiesa si divide sull'«Aiutiamoli a casa loro»
di Mario Ajello
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Venerdì 14 Luglio 2017, 08:54
Monsignor Galantino, il grande esternatore della Chiesa dei poveri, era solito prendersela con Grillo e con Salvini - «piazzisti da quattro soldi» - a proposito dei migranti. Adesso, alza il tiro. E accusa il segretario del Pd. «Aiutarli a casa loro non basta», dice il segretario generale dei vescovi, in controtendenza rispetto ai vertici del Vaticano, « e rischia di essere un modo per scrollarsi di dosso le responsabilità». Renzi colpito. E affondato?

IL TAKLE
L'ingerenza, mai così vistosa di Galantino in materia di politica di Stato, sembra un vero e proprio intervento a gamba tesa. Inopportuno per molti aspetti e a rischio boomerang. La Chiesa ha titoli per potere, e dovere, parlare di questo argomento. Sia perché si tratta di un tema morale, oltre che materiale, sul quale è legittimo voler difendere i propri valori. Sia perché la Chiesa in materia di accoglienza è parte in causa, ma qui c'è il rischio del conflitto d'interessi nel discorso di Galantino. Ed è anche sacrosanto che il Papa dica che Gesù Cristo è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati.

Fa il suo mestiere spirituale di supremo tutore della solidarietà e dell'accoglienza. Dove invece Galantino si dimostra del tutto insensibile al principio di separatezza dell'ambito religioso da quello politico e di totale autonomia tra la Chiesa e lo Stato (giudica per esempio sbagliato distinguere come fanno certi leader tra profughi di guerra e migranti economici: «E' come fare la distinzione se uno preferisce morire impiccato o alla sedia elettrica»), è quando andando ben oltre la missione pastorale interferisce nelle scelte delle soluzioni governative.

DUE SPONDE
Giustamente Matteo Richetti, capo della comunicazione renziana, non vuole attizzare polemiche d'altri tempi molto remoti, quelli dello scontro tra le due sponde del Tevere, e finge che il segretario della Cei non abbia detto ciò che ha detto e dunque: «Bene Galantino, serve la cooperazione di tutti nei Paesi di provenienza dei migranti». E invece, l'ingerenza di Galantino è palese. Anche se il segretario di Stato, Parolin, si è affrettato a raddrizzare la cosa: «Io credo che il discorso dell'aiutiamoli a casa loro sia valido».

E questo takle della Cei, contenente un incongruo giudizio di valore sull'operato della potestà laica e istituzionale, sembra ricordare in maniera ancora più grave e invasiva quella stagione in cui il cardinal Ruini interveniva costantemente e politicamente, fin dentro il dibattito dei partiti, riguardo ai cosiddetti «valori non negoziabili». Si vuole tornare, con toni da talk show e a colpi di battute, a un passato che Francesco disse subito di voler superare? A una nuova fase del non rispetto dell'autonomia della politica? Il protagonismo di Galantino, insomma, ci riporta indietro all'epoca in cui Bruno Vespa definiva Ruini il supremo regolatore della vita politica italiana.

In questo caso, c'è di più. Perché Galantino interviene sulle politiche di un settore in cui anche la Chiesa ha la sua massiccia presenza. E anche per questo dovrebbe forse essere più prudente - per allontanare dietrologie e sospetti probabilmente infondati - nell'indicare la via al governo e al partito di maggioranza. Oltretutto, con questo tipo di esternazione, il monsignore rischia di non rendere un buon servizio alla Chiesa. La quale è plurale e polifonica, come è giusto che sia ed e sempre stato, sulle questioni spirituali e sulle materie religiose. Ma non può esserlo, per un fatto di chiarezza pratica e di indirizzo, nelle questioni politiche. Non può, ne va anche del suo rango, parlare in questa materia con tante voci diverse. Una di Galantino, una di Parolin e così via.

CAMPI DI GIOCO
Finché le parole pronunciate dai vertici ecclesiastici, in fatto d'immigrazione, rimangono nella dimensione spirituale, possiedono dunque un'autorità morale incontestabile. Quando il campo cambia, e diventa un campo improprio, il gioco diventa più scivoloso. E la facondia del monsignore non rende un buon servizio a nessuno.
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