Migranti, primi blocchi in Libia
«Ma servono armi»

Migranti, primi blocchi in Libia «Ma servono armi»
di Cristiana Mangani
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Venerdì 14 Luglio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 15:37

Via l’embargo, perché i trafficanti di esseri umani sono molto ricchi e armati. E senza armi potenti non si possono sconfiggere. Poi, desalinizzatori, spazzatrici, celle frigorifere, ristrutturazioni di strade e ospedali. La Libia “investe” sull’Italia. Accoglie calorosamente la delegazione guidata dal ministro Marco Minniti e dal presidente dell’Anci Antonio Decaro, e mette sul tavolo richieste e impegni per provare a “risorgere”.

L’incontro è avvenuto ieri a Tripoli alla presenza del premier Fayez al-Sarraj, di cinque ministri, della rappresentanza di 15 comuni e di 13 sindaci. Ognuno con il suo programma e con la sua idea da realizzare. A cominciare da Sarraj che ha ribadito: «La Libia farà tutto ciò che può per lavorare con voi al fine di sconfiggere i trafficanti e alleggerire la pressione sulle coste italiane». Ventiquattr’ore prima aveva chiesto alle forze armate del governo di unità nazionale di usare anche «l’aviazione» per debellare «l’emigrazione illegale». Dunque, la volontà c’è.

COME LA MAFIA
Concretamente, però, i conti da fare sono parecchi: non soltanto la Libia è frazionata e in mano a tribù e milizie che procedono ognuno per conto loro, ma è indebolita da anni di guerra civile. «I trafficanti di esseri umani sono forse più potenti della vostra mafia - è stato spiegato durante l’incontro - Anche noi siamo delle vittime. L’unico modo per poterli contrastare è togliendo l’embargo, permettendoci di rifornirci di armi pesanti da utilizzare sia a terra che a mare. Inoltre abbiamo bisogno di avere assetti navali che vengano sostenuti da voi italiani, altrimenti non riusciremo a superare il gap della capacità militare di questi criminali». Il Governo di unità nazionale ha già inoltrato richiesta all’Onu ed è in attesa di risposta. Vorrebbero che venisse tolto l’embargo anche per gli apparati di sicurezza, compresa la Guardia costiera, che ora è disarmata. Ma nonostante il sicuro veto della Russia, qualche possibilità esiste, quantomeno per alcuni Corpi che dipendono direttamente dal governo riconosciuto da New York.
In attesa che arrivi la decisione, sono tante le cose pratiche delle quali i libici hanno bisogno.

Uno dei sindaci ha realizzato un masterplan per la riqualificazione della costa, almeno per il turismo interno, attraverso un impianto di depurazione. «E’ stato un incontro molto positivo - ha dichiarato l’ambasciatore italiano a Tripoli Giuseppe Perrone - La Libia ha veramente manifestato determinazione nel voler contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Spesso si dice che sono conniventi o incapaci. In realtà soffrono anche loro a non poter utilizzare il bel territorio di cui dispongono». A Minniti, invece, è spettato il compito di ribadire alla affollata platea «l’importante opportunità» rappresentata dall’incontro. «Consente - ha chiarito il ministro - di liberarci dal flagello dei trafficanti di esseri umani e di costruire una prospettiva di futuro per i vostri figli nei campi della sanità, dello sport, della scuola, del lavoro, delle nuove tecnologie».

LE NECESSITÀ
L’Italia ha portato con sé i progetti e le richieste. A cominciare da quelli dei sindaci di Janzur, Al Maya e Zuwarah, che hanno dichiarato di aver già bloccato sulla terraferma l’accesso ai trafficanti di uomini. In un caso è stata la stessa cittadinanza a respingerli con una manifestazione di protesta. E tutto questo sarebbe avvenuto già 18 mesi fa. Ad Al Maya, sarebbero stati fermati gli arrivi dal Niger e dal Ciad. In cambio, per tentare di risollevare la loro economia, chiedono «un dissalatore per l’agricoltura, macchine per il trasporto comunale, una spazzatrice e progetti per lo sport, ma anche la ristrutturazione di ospedali, porti e aeroporti, in modo da offrire maggiori possibilità di lavoro». «Può succedere altrimenti - racconta uno dei sindaci - come è accaduto a uno studente della mia città: per andare a scuola deve fare 250 chilometri, e allora preferisce mettersi al servizio dei trafficanti e guadagnare qualche soldo».

LA BUROCRAZIA 
Il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, si è fatto promotore del piano per aiutarli a ristabilire l’ordine amministrativo nelle città. Nella maggior parte della Libia non esistono più archivi civili, anagrafi, i registri sanitari. Con la formula dei gemellaggi con i comuni italiani si potrà dare un supporto importante. «Lo abbiamo fatto per il terremoto - commenta Decaro - Lo faremo per la Libia». E anticipa: «Il sindaco Sala mi ha già chiamato e ha dato la disponibilità di Milano. A partire da oggi sentirò anche tutti gli altri».

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