Il paradosso è che un assetto di questo tipo crea problemi anche a chi le competenze le ha. In Italia risulta alto lo skill mismatch, ovvero il divario tra esigenze dei datori di lavoro e competenze dei lavoratori. Quelli sovraqualificati rispetto alla literacy, ovvero che non hanno occasione di usare le proprie capacità al lavoro, sono il 12 per cento, quelli sotto qualificati l'8 (quest'ultima percentuale è doppia rispetto alla media Ocse). Insomma alcune imprese non trovano lavoratori all'altezza ma altre non offrono posti di buon livello, il che favorisce anche l'emigrazione dei giovani.
Ridurre il divario porterebbe ad un aumento della produttività (che l'Ocse stima in un 10 per cento) ma anche ad una dinamica più favorevole delle retribuzioni e ad più alto livello di benessere dei lavoratori stessi. L'organizzazione parigina lo raccomanda al governo italiano, esprimendo apprezzamento per le riforme del lavoro e della scuola già avviate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA