Renato Zero: «Vorrei cantare una notte intera»

Renato Zero: «Vorrei cantare una notte intera»
di Marco Molendini
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Sabato 19 Novembre 2016, 00:41 - Ultimo aggiornamento: 25 Novembre, 09:31
«Sono pronto, siamo al varo: farei nove ore di concerto dicendo alla gente di venire con la branda». Ha idee bellicose Renato Zero, ormai sulla pista di decollo del nuovo tour. Niente paura, però: «Saranno tre ore, come al solito» si ridimensiona.

E si spiega: «Non posso fare di meno. Ho sempre fatto così. Ai tempi di Zerolandia c’era pure la messa. Del resto, più crescono i biglietti, per l’aumento dei costi di produzione, più devi far crescere l’offerta». Ma non è solo questo. Fra Renatino e le sue canzoni c’è un legame forte, indissolubile. «Per fare entrare più pezzi possibile, canterò un po’ di medley. Non posso trascurare un mio repertorio fatto di canzoni che non si sono mai staccate dalla macchina da scrivere Olivetti di ferro dove le ho scritte, coi tasti che ci mettono un quarto d’ora a battere ogni lettera. E a ogni battuta si sente l’urlo del foglio di carta. Ogni parola è scolpita, ha un peso, cancellarla sarebbe una vergogna. Devi pensarci bene. La penna, invece, è più puttanella, le parole sul foglio diventano più leggere».

Alt, il nuovo tour riparte da Bologna, il 24, dopo l’anteprima di settembre a Verona: «Ma rispetto all’Arena cambia tutto: dalla scaletta, che darà più spazio alle canzoni nuove, alla scenografia. Non aveva senso replicare quel concerto dopo le serate su Rai 1 e l’uscita del dvd e del doppio cd». Arriva il 2 dicembre il cofanetto che raccoglie il meglio delle tre notti veronesi, con gli ospiti Emma, Elisa, Francesco Renga, più Sergio Castellitto e Carlo Giuffré che stimolano Renato a raccontarsi e più le incursioni audio di Carlo Conti, Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni. C’è anche l’aggiunta di un inedito, Non dimenticarti di me.

Renato, il clou del tour sono i sei giorni al Palalottomatica il 6, 7, 9, 10, 13 e 14 dicembre, con le prime quattro date già sold out...
«Avrei potuto farne anche di più. Chissà che prima o poi non ci sia modo di farlo». 

Incontentabile.
«Una volta facevo venti, ventidue concerti e seguivo una filosofia precisa: non rompere le scatole. Spero di sapere ancora fermarmi al momento giusto».

Il mondo dei concerti è sottosopra per la questione del secondary ticketing e il rapporto diretto fra promoter e siti web. Che ne pensa?

«È una cosa raccapricciante. È come se tuo padre ti rubasse la merenda prima di andare a scuola. Spero che le cose si possano rimettere in ordine».

In che modo? 
«Dando spazio ai professionisti. Mettere le persone giuste al posto giusto. E non solo nel mondo della musica. Prendi Roma. Ma perché non si prendono dei professionisti e si lasciano lavorare? Dicono che per tappare le buche ci vogliono soldi. Ma mettere i cerotti non risolve nulla. Le cose vanno fatte bene, una volta per tutte. Confesso: io da romano mi vergogno. Ho amato tanto questa città. Ma perché l’hanno ridotta così? Eppure, a differenza di tante altre città-alloggio, abbiamo l’aria respirabile, il verde che ci circonda, il Colosseo, le foglie che d’autunno hanno un colore spettacolare».

La colpa di chi è?
«Tutto nasce con l’esodo dei romani dal centro alle periferie. Mandati via. Come è successo alla mia famiglia, spostata da via Ripetta alla Montagnola. Ci dicevano che non avevamo il bagno in casa. Ora nelle periferie abbiamo i bagni, ma abbiamo perso la guerra. Anni fa ho provato a tornare in centro: per comprare una fetta di prosciutto puoi uscire pazzo. Non c’è neanche un fornaio».

Della sindaca Raggi che pensa? 
«Poverina, non ho nulla contro di lei. Prima c’era un tecnico bravissimo, il prefetto Tronca. Ma perché non lo hanno utilizzato ancora? Oggi i tecnici sono merce rara. I ragazzi escono da scuola senza titoli. A me l’Università è mancata, ho studiato fino alla terza media. Ma è stata la strada a farmi da scuola. Ho fatto l’operatore cinematografico, ho razzolato con Fellini, Comencini, Tito Schipa. Oggi non c’è più neppure la strada. Il problema, però, non è solo nostro. Guarda l’America: Trump andava bene per fare il presidente di un quartiere come il Quarticciolo. A me non piaceva neppure Hillary. Ma non avevano nessun altro?».

Gli artisti sembra che abbiano tirato i remi in barca. In America si sono impegnati in prima fila nelle elezioni. Qui siamo al tutti sotto coperta. Nessuno si sbilancia.
«Io non ho mai fatto politica. Penso sia più importante avere coscienza umana. Qui il problema è che giovani devono rientrare in possesso della cultura. Così si battono ladri e imbroglioni». 
 
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