La tenente salva migliaia di migranti, indagata per omissione di soccorso

La tenente salva migliaia di migranti, indagata per omissione di soccorso
di Michela Allegri e Sara Menafra
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Martedì 25 Ottobre 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 18:45

E’ la donna simbolo dei mille salvataggi compiuti dalla Marina militare nelle acque del Mediterraneo, tanto che alla sua storia è stata dedicato persino un docufilm “La scelta di Catia”. Eppure, due settimane fa si è ritrovata in un corridoio di piazzale Clodio, con un avvocato al fianco, a spiegare il perché di un salvataggio arrivato quattro ore dopo la prima richiesta di soccorso. Un buco che potrebbe essere costato la vita a 268 persone di cui sessanta bambini (anche se i corpi recuperati sono 26) e che per lei, almeno fino alla fine dell’inchiesta, ha significato l’iscrizione al registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso. 

INDAGATO UN ALTO UFFICIALE
Una storia tragica avvenuta l’11 ottobre 2013, una settimana dopo il naufragio del 3, su cui potrebbe aver avuto un forte peso il rimpallo di compentenze con le autorità maltesi che in teoria avevano il controllo delle operazioni di soccorso. Catia Pellegrino non è l’unica a dover spiegare il proprio operato di quella lunghissima giornata. La procura di Roma ha deciso di iscrivere in tutto 4 nomi: lei e tutta la catena di comando che ha seguito gli spostamenti del suo pattugliatore, la Libra, dal primo allarme fino all’arrivo nell’area del naufragio alle 18, quando il peschereccio era già affondato. Un alto ufficiale della Marina ha una ulteriore accusa altrettanto pesante: avrebbe “sottratto” dei documenti direttamente collegati a questa vicenda. Documenti, atti ufficiali della Marina, che avrebbero aiutato a chiarire il quadro. 

A denunciare l’accaduto alla procura di Agrigento, anche se le indagini sono parzialmente passate prima a Palermo e quindi a Roma, è stato Mohanad Jammo, primario di un ospedale di Aleppo che nella traversata ha perso due figli di 9 mesi e 3 anni. Stando al suo racconto, la prima telefonata dal peschereccio alla deriva carico di migranti è della tarda mattinata, alle 11. Di questa prima chiamata non c’è traccia negli archivi della Marina Militare che però hanno dato riscontro alla seconda telefonata giunta dalla barca: alle 12.26 la richiesta di auiuto viene presa in carico e mezz’ora dopo, alle 13, passata alle autorità maltesi che formalmente assumono il comando delle operazioni di soccorso.

E’ qui che evidentemente succede qualcosa che non doveva accadere. I reportage dell’Espresso che seguì la storia del naufragio avevano dimostrato che alle 13.40 la capitaneria di porto dà comunque la comunicazione dell’sos in corso a tutte le navi in zona. La Libra è la più vicina, anche se non lontano - 50 miglia marine - c’era anche la Chimera. Eppure, nessuna delle due imbarcazioni si muove in rapidità per prestare soccorso al peschereccio che continua ad imbarcare acqua. 

IL RUOLO DI MALTA
Le operazioni di salvataggio cominciano solo attorno alle 18, prima da parte di Malta e quindi della Libra. E’ possibile che a determinare il ritardo sia stato il rimpallo di competenze con La Valletta. Il comando dell’isola avrebbe aspettato ore prima di intervenire. Del resto più volte, in questi anni, è accaduto che fosse la Marina italiana a doversi far carico di operazioni di salvataggio che “formalmente” non avrebbe dovuto gestire. E’ vero, però, che il codice del mare ha regole molto nette e la priorità viene sempre data ai soccorsi. Solo le verifiche dei pm romani chiariranno se gli ufficiali della Marina siano oppure no responsabili per tutte quelle morti. 

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