Berlusconi: «Niente patti con Renzi. A Salvini chiedo lealtà»

Berlusconi: «Niente patti con Renzi. A Salvini chiedo lealtà»
di Mario Ajello
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Giovedì 10 Marzo 2016, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 10:46

Presidente Berlusconi, avrà sentito l’ultima di Salvini. Lui nel ballottaggio a Roma voterebbe la grillina Raggi e non Giachetti. Anche lei? 
«Io no. Ma non perché preferisco il Pd. Semplicemente perché credo che non ci sarà alcun ballottaggio. Vince Guido Bertolaso al primo turno. I grillini hanno dimostrato di non saper amministrare neanche le piccole città. E Giachetti è un politico puro, senza attitudine amministrativa. Un ex radicale più abituato a dire no che sì».
 
E crede davvero che stavolta sarete voi a governare Roma? 

«Ne sono convinto. Perché siamo riusciti a trovare e convincere l’uomo giusto per far ripartire la Capitale. Bertolaso è un grande professionista, abituato a risolvere situazioni difficili, a gestire macchine complesse come quella della Protezione civile o quella del Giubileo del 2000. E’ l’uomo che ha risolto il disastro dei rifiuti a Napoli e in Campania, che ha organizzato in modo impareggiabile il dopo-terremoto in Abruzzo, l’eroe che va da missionario a soccorrere i terremotati di Haiti e che, incurante del pericolo, va a curare i malati di Ebola in Africa. Nessuno a Roma può fare meglio di lui».
 

Storace sostiene però che ci sia un patto segreto tra lei e Renzi per dare il Campidoglio al Pd. Ma davvero è così? 
«Storace è un buontempone. Ma quale accordo segreto con Renzi! Queste sono solo battute paradossali. Storace è quello che voleva le primarie. E si vede che cosa sono le primarie: hanno dato al centrosinistra i sindaci peggiori, per non parlare dei trucchi e dei brogli, dei voti venduti, comprati e gonfiati, dei rom e dei cinesi e portati ai gazebo e di altri pasticci. Perché mai il centrodestra avrebbe dovuto, a Roma o altrove, allestire una farsa come questa? E voglio ribadire ancora una volta che sia Salvini sia Meloni, quando abbiamo finalmente convinto Bertolaso a darci la sofferta accettazione della candidatura, hanno convenuto che lui fosse in assoluto il migliore».

Ma le divisioni che restano non favoriscono le altre forze politiche? 
«E’ evidente che tutte le incertezze nel centro-destra favoriscono i nostri avversari. Temo che Salvini – che non conosce bene Roma – negli ultimi giorni sia stato malconsigliato, si sia fatto trascinare in un gioco di veti e di antipatie personali tra esponenti della vecchia politica romana. Io ho sempre lavorato, anche accettando obiezioni poco fondate, per l’unità del centro-destra. Ovviamente mi aspetto anche dagli altri leader della coalizione la lealtà che è il presupposto dello stare insieme, e un minimo di senso di responsabilità. Roma è talmente importante che quello che succederà qui avrà effetti immediati anche a livello nazionale. Il voto di giugno potrà essere un primo avviso di sfratto al governo, non eletto, di Renzi». 

Ritiene particolarmente minaccioso il Movimento Cinquestelle nella Capitale? 
«I grillini sono molto bravi nel coprire con un volto presentabile l’inconsistenza e la pericolosità delle loro proposte. Persone a me vicine, mi hanno parlato bene di Virginia Raggi. Mi dicono che non è soltanto telegenica, ma è anche un bravo avvocato. Ma questo non basta per governare una città complessa come Roma. Ci vogliono una esperienza e una cultura di governo che a lei e ai grillini mancano completamente. Non posso pensare neanche per un attimo che la capitale d’Italia cada nelle mani di un movimento politico che si è già dimostrato incapace di amministrare, e che è oltretutto agli ordini di leader davvero inquietanti».

Non è strano che un imprenditore come lei non abbia puntato su un imprenditore come Marchini, che quasi sembra una sua fotocopia del '94?
«E’ a tutti noto che su Marchini c’è stato un veto insuperabile da parte di Fratelli d’Italia. Marchini viene da una famiglia di imprenditori che con la politica ha sempre avuto un legame molto stretto. Ma con la politica e con i politici di sinistra. Ha anche molte amicizie nella cosiddetta Roma bene, ma le elezioni a Roma si vincono nelle periferie, non nei salotti. Per gli elettori del centro-destra dopo la candidatura di Bertolaso votare per Marchini vuol dire sprecare il voto e fare così un favore alla sinistra». 
 
Come fa a togliere dalla testa degli italiani l’impressione che Verdini sia il continuatore del Patto del Nazareno con il suo placet? 
«Non mi risulta che siano gli italiani a pensare questo. Fingono di pensarlo solo alcuni opinionisti di sinistra che cercano di far circolare interessatamente questa voce. Ma i fatti, ogni giorno, li smentiscono». 

Sono veri o sono finti i dati che dicono che l'economia italiana si sta riprendendo?
«Non conosco dati che dimostrino una ripresa. Nel nostro Paese, la crescita reale annunciata è dello 0.6% e la disoccupazione è a due cifre. Tutta l’Europa invece è in ripresa, con tassi di crescita sopra il 2%. In alcuni paesi come l’Irlanda, che erano in crisi come noi, è addirittura quasi al 7%. La disoccupazione italiana è molto al di sopra della media europea, e lì rimane, mentre il nostro governo nonostante la crisi economica internazionale nella quale ci siamo trovati ad agire, l’aveva mantenuta due punti sotto il livello dell’Eurozona. 

Nessuna ripresa insomma?
«Basta chiedere agli italiani: qualcuno si è accorto di pagare meno tasse? Di trovare lavoro più facilmente? Di fare meno fatica ad arrivare a fine mese? Di guadagnare di più? L’unica cosa che aumenta è il deficit, che saranno nuove tasse per il futuro. In sintesi: più debito pubblico, più tasse, più disoccupazione, più poveri, più immigrati. Non credo ci sia da vantarsene».

Per quanto riguarda la Libia, come si può evitare la guerra? 
«Ogni volta che penso alla Libia provo una grande tristezza, considerando come si è ridotto il Paese con il quale, con un paziente e faticoso lavoro, ero riuscito a creare condizioni di positiva collaborazione su vari fronti. Oggi la Libia è ridotta così dagli errori e dai meschini interessi di alcuni paesi occidentali. Fare la guerra a Gheddafi, e illudersi che dopo la cosiddetta Primavera araba non ci sarebbero stati più problemi, è stato un errore imperdonabile. Adesso tutti mi danno ragione, ma è troppo tardi. Avevo avvisato i governi europei e quello statunitense che il cambio di regime in Libia avrebbe dato luogo ad un disastro. E purtroppo così è avvenuto: la nazione è collassata». 

Condivide la prudenza di Renzi? 
«Io sono fermamente contrario ai bombardamenti perché bombardare vorrebbe dire fare tante vittime innocenti, distruggere tutto, incentivare le migrazioni verso l’Italia e nessuno avrebbe più una casa e una città dove tornare. Non solo. Si ritornerebbe da parte di tutti i cittadini libici a quell’odio verso i colonizzatori italiani che noi abbiamo superato con dieci anni di duro lavoro. Arrivando a trasformare il 31 agosto dalla Giornata della Vendetta alla Giornata dell’Amicizia. Il problema delle truppe Isis in Libia deve essere risolto dai governi libici attuali con una offerta ai mercenari, conquistati dall’Isis per fame attraverso uno stipendio di 1000 dollari al mese, con la promessa dell’arruolamento nelle forze libiche ed uno stipendio di poco superiore a quello che percepiscono attualmente. Quanto ad un nostro intervento mi pare che il governo italiano cambi idea quasi ogni giorno. Si rivendica la guida di un’operazione militare, che non si capisce come dovrebbe svolgersi, il giorno dopo si esclude drasticamente un impegno delle nostre truppe, il giorno successivo ancora si dice che i tempi cominciano a farsi stretti. La voglia di protagonismo si somma, davvero, al dilettantismo. Che guaio!».

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