I SETTE SEQUESTRATORI
Intanto, affiorano alcuni elementi sulla ricostruzione del rapimento e della trattativa per il rilascio del gruppo. Anche se Calcagno e Pollicardo, i due superstiti, hanno messo a verbale di aver sempre visto soltanto due carcerieri, entrambi uomini. In realtà, secondo le ricostruzioni investigative il gruppo era in totale di sette persone, comprese due donne (una con un bambino). Tutti morti al momento del blitz della milizia “Febbraio Al Ajilat- 2”, il 2 marzo. Proprio perché l'aggressione sarebbe avvenuta mentre gli italiani venivano spostati altrove, i superstiti avrebbero finito per trovarsi da soli, riuscendo a scappare dopo due giorni. Uno di loro, Calcagno, ha raccontato un particolare che nel suo verbale non c'è: «Il 2 marzo quando ci hanno spostati, ci hanno messo addosso delle tute e ci hanno detto che era tutto finito e presto ci avrebbero liberati». Un elemento che confermerebbe che il blitz sarebbe avvenuto proprio mentre era in corso la consegna dei quattro dipendenti della Bonatti al mediatore in contatto con l'Italia.
Anche se finora non sono emersi elementi di contatto tra il gruppo di sequestratori e le milizie dell'Isis, un particolare sembra rendere la trama più complessa. Il gruppo Febbraio Al Ajilat 2 in questi giorni ha individuato una serie di covi usati per tenere gli ostaggi dagli uomini del Califfo, tutti nella zona dove sono stati trattenuti gli italiani. Uno in particolare sarebbe quello dove i dipendenti della Bonatti sarebbero stati da luglio a novembre, prima di essere spostati.
IL COLLEGAMENTO
E proprio qui, i miliziani di Sabratha avrebbero trovato due passaporti tunisini rilasciati in Italia a Noureddine Chouchane, considerato uno dei leader di Isis in Libia, accusato di essere tra i responsabili della strage del Bardo e di aver reclutato terroristi anche nel nostro paese. Sono stati loro stessi a pubblicare le foto del passaporto di Chouchane su Facebook. L'uomo è probabilmente morto nel corso del raid americano del 19 febbraio.
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