IL GIRO
Al vaglio della procura - coordina l'indagine della polizia di Stato interna a piazzale Clodio il pm Francesco Scavo - ci sono i contatti con cento donne. Giovani conosciute in chat o corteggiate per strada. Giovanissime, che in alcuni casi, hanno offerto la loro verginità. «Quando mi hanno riscontrato il virus», ha dovuto ammettere l'indagato con gli investigatori, «mi hanno detto che era un virus che si poteva trasmettere sessualmente..». Da qui la conclusione ribadita dai giudici del Riesame, presidente Gian Luca Soana, che ne hanno respinto la scarcerazione: «La condotta complessiva di Talluto dimostra come abbia intenzionalmente voluto trasmettere il virus dell'Hiv ad una molteplicità di donne». Aggiunge poi il collegio: «Assumendosi anche il rischio che queste infettassero i loro futuri partner e sviluppassero la malattia o comunque patologie proprie di chi è sieropositivo e non si cura, come la polmonite». Ma la sua «pervicace mala fede» e «la proclività quasi patologica alla menzogna» costringerà a lungo i magistrati a valutare il suo vero spirito nell'agire. Di sicuro Valentino Talluto ha mentito più volte. Alle partner e agli inquirenti. Solo a una compagna nel 2006 ha confessato la malattia, scoperta da pochi mesi con un test eseguito allo Spallanzani. Ammissione fatta quando già l'aveva contagiata. E quando qualcuna di loro aveva scoperto (troppo tardi) il suo segreto, lui si è difeso scaricando la colpa su una ex. E' quello che prova a raccontare anche agli agenti che lo hanno interrogato pochi mesi prima dell'arresto: «Ho scoperto di essere sieropositivo nel 2014. Mi ha contagiato una compagna». E rivela il nome. Era una delle ultime vittime. Il contagio nel 2012.