Oscar, Servillo a Los Angeles tra scaramanzia e riti: «Non parlo prima del 2 marzo»

Oscar, Servillo a Los Angeles tra scaramanzia e riti: «Non parlo prima del 2 marzo»
di Gloria Satta
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Venerdì 28 Febbraio 2014, 14:22
​Toni Servillo lo ha deciso all’ultimo: in sala con Sorrentino, a trepidare per La grande bellezza, domenica sera ci sar anche lui. Poteva mancare? Toni è non soltanto il protagonista del film che tra poche ore potrebbe riportare, come tutti si augurano, l’Oscar in Italia. È l’attore-feticcio del regista napoletano fin dall’opera d’esordio L’uomo in più. Prima dell’apoteosi hollywoodiana, il sodalizio Sorrentino-Servillo ha fatto in tempo a consolidarsi in film anticonvenzionali e potenti come Le conseguenze dell’amore e Il divo.

Toni è arrivato ieri a Los Angeles in una pausa della tournée dello spettacolo teatrale Le voci di dentro che ha rappresentato, con il fratello musicista Peppe (è il cantante degli Avion Travel), anche a Parigi e dopo aver preso parte come voce narrante alla campagna istituzionale dell’Eni ”Rethink Energy” tesa a creare una nuova cultura dell’energia basata sul suo utilizzo consapevole.



LE GIACCHE

Ma a Hollywood, prima di Servillo in carne e ossa, il pubblico ha incontrato Jep Gambardella, l’intellettuale decadente protagonista di La grande bellezza, attraverso i suoi abiti. Le giacche dai colori improbabili (giallo, rosso, bianco sporco) di Jep sono il pezzo forte della mostra dei costumi del film di Sorrentino, firmati da Daniela Ciancio, organizzata dal festival ”Los Angeles, Italia” al Teatro Cinese.

«La più sorprendente scoperta che ho fatto dopo aver compiuto i 65 anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non ho più voglia di fare»: è questa la battuta-chiave di Gambardella ne La grande bellezza. Sembra anche il filo conduttore della carriera di Servillo (che in verità non ha ancora compiuto i 55) segnata dal grande teatro e approdata al cinema solo nella maturità.

Scelte di qualità, registi di prestigio (Martone, Garrone, De Simone, de Berardinis, Capuano, Anghelopoulos, Bellocchio, Ciprì, Andò) e film d’autore disegnano il curriculum dell’attore nato ad Afragola, in provincia di Napoli, e cresciuto in palcoscenico (è tra i fondatori di Teatri Uniti) dove continua ad esprimere la passione viscerale per il suo mestiere, alternandosi con il set.



LE MASCHERE

In nome della scaramanzia, Servillo non vuole sentir parlare di Oscar prima del fatidico 2 marzo. «Quello che succederà quella notte», si è limitato a dire, «è certamente meraviglioso, ma per me ha il potere di accorciare la distanza che c’è tra la realtà e il sogno». La realtà che l’ha portato fino a Hollywood è costellata di maschere indimenticabili: il cantante cocainomane di L’uomo in più, il riciclatore dei soldi della mafia (Le conseguenze dell’amore), il commissario disincantato (La ragazza del lago), lo smaltitore di rifiuti tossici (Gomorra), l’emigrato dal passato inconfessabile (Una vita tranquilla). E poi ci sono i politici: il grottesco Andreotti-Divo, il senatore anti-eutanasia (Bella addormentata), il tragicomico padre di famiglia (È stato il figlio), l’esponente della sinistra in crisi alternato al suo gemello geniale e un po’ pazzo (Viva la libertà).

Non si contano i premi vinti da Servillo: tre David di Donatello, tre Nastri d’argento, un Globo d’oro, L’Oscar europeo (Efa), il Pasinetti, il Marc’Aurelio e molti altri. Il successo? «Mi consente di dire con tranquillità molti no», ha spiegato l’attore. Che ha bisogno di stare in teatro «160-200 sere all’anno» per ritrovare l’emozione del suo mestiere. Dopodomani nella ”notte delle stelle”, incrociando le dita, il suo palcoscenico potrebbe essere il mondo intero.
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