Altissimo e prestante, trentacinque anni, origini senegalesi, un passato di comico tv, Sy ci ha raccontato la sua nuova vita da star.
Cosa c’è di suo nei personaggi che interpreta?
«L’autenticità. Spero, nel mio piccolo, di riuscire a dare una speranza: uno che nasce nella parte estrema della città, per realizzarsi non deve per forza diventare calciatore, attore o rapper. Può fare il contabile, il poliziotto, il vigile urbano».
Conosce bene la periferia parigina?
«Certo, ci sono nato e cresciuto. Tutti pensano a violenza, droga, degrado. Ma bisogna andare al di là degli stereotipi: in periferia esistono valori positivi come lealtà, amicizia, solidarietà».
Perché dopo Quasi amici, ha girato Due agenti molto speciali nel ruolo di un altro personaggio di banlieue?
«Ho cominciato a girare Due agenti molto speciali il giorno dopo l’uscita di Quasi amici. Chi poteva aspettarsi un tale successo?».
Ora vive negli Usa?
«Mi sono trasferito a Los Angeles con tutta la famiglia. Avevo bisogno di prendermi un anno sabbatico e d’imparare l’inglese. Il cinema americano ha cominciato a prendermi in considerazione».
E’ vero che farà X-Men?
«Sì, non potevo cominciare meglio la carriera americana».
C’è un personaggio che non interpreterà mai?
«Napoleone, suppongo. Scherzi a parte, non ho preclusioni. Dirò di no soltanto ai cliché».
Che effetto le fa essere, come dicono i sondaggi, il personaggio francese più popolare?
«Sono riconoscente al pubblico. Ho cominciato a far l’attore per caso, a 19 anni, intervenendo a un programma comico alla radio. Poi mi sono appassionato e ho continuato perché ho bisogno dell’amore e della considerazione della gente».
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