Scandalo Mose, Marco Milanese arrestato per corruzione

Marco Mario Milanese
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Venerdì 4 Luglio 2014, 14:41 - Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 15:44

Marco Milanese, in passato consulente dell'ex ministro Tremonti e gi coinvolto in altre vicende giudiziarie, stato arrestato per corruzione dalla Guardia di Finanza nell'inchiesta Mose.

Milanese - secondo fonti della Procura di Venezia - è stato arrestato su provvedimento del Gip Alberto Scaramuzza. L'arresto fa riferimento all'ordinanza che lo stesso Gip aveva emesso il 4 luglio scorso e che aveva portato, tra carcere e domiciliari, all'arresto di 35 persone per vari reati legati alla realizzazione del Mose, le barriere per difendere Venezia dalle acque alte eccezionali.

Il Gip di Venezia ha anche emesso, a carico dell'indagato, un decreto di sequestro preventivo per 500mila euro, ovvero il corrispettivo della presunta dazione ricevuta dagli ex vertici del Cvn.

Il denaro - secondo gli inquirenti - sarebbe stato consegnato a Milanese, consigliere politico dell'allora ministro all'Economia Giulio Tremonti, tra l'aprile e il giugno del 2010, al fine di accedere ai finanziamenti del Cipe per realizzare parte del Mose. Secondo l'accusa, il Cvn avrebbe pagato Milanese attraverso Roberto Meneguzzo, patron della vicentina Palladio finanziaria. La dazione sarebbe avvenuta a Milano e per questo gli atti relativi a Meneguzzo sono stati trasferiti dal Tribunale del Riesame di Venezia in Lombardia per competenza territoriale.

Un mese fa il blitz e i primi arresti. È ancora buio un mese fa, il 4 giugno, quando gli uomini della Guardia di finanza bussano alle porte di un centinaio di indagati e di altre 35 persone, tra Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, nei cui confronti ci sono provvedimenti d'arresto: è scattata l'operazione Mose.

È uno tsunami che coinvolge anche il mondo politico, con i domiciliari al sindaco lagunare Giorgio Orsoni, poi dimessosi dall'incarico una volta tornato in libertà, e una richiesta d'arresto per Giancarlo Galan, parlamentare di Fi e per lunghi anni governatore del Veneto.

È il nuovo filone dell'indagine che ruota attorno ai fondi neri all'estero costituiti da parte di alcuni imprenditori legati al Consorzio Venezia Nuova, all'epoca presieduta da Giovanni Mazzacurati. Se prima aveva portato all'arresto degli allora vertici del Cvn, la notte di un mese fa ha 'toccatò anche la politica.

Le prime due fasi avevano portato in carcere personaggi chiave come Piergiorgio Baita, ex Ad della Mantovani, e Claudia Minutillo, divenuta imprenditrice dopo i trascorsi come segretaria dell'ex governatore Galan. Poi è toccato al 'gran burattinaiò del Consorzio, Giovanni Mazzacurati. Indagati che avevano patteggiato e sulle cui dichiarazioni si basa parte della tempesta giudiziaria che ha sconvolto Venezia e non solo.

Nella rete delle fiamme gialle - coordinate dal pool di Pm formato da Stefano Ancillotto, Paola Tonini e Stefano Buccini - cadono, il 4, anche un ex generale della Gdf, Emilio Spaziante, due ex Presidenti del magistrato alle acque, Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva. Tocca poi a personaggi di spicco della finanza come Roberto Meneguzzo mentre è indagato, ma in libertà, Marco Milanese uomo vicino all'ex ministro Giulio Tremonti.

C'è anche la confisca per le mazzette accertate di un equivalente per 40 milioni di euro. Secondo gli inquirenti, gli illeciti, dal 2010, avrebbero portato nelle tasche di singoli, società e forse di partiti almeno altri 150 milioni di euro. Tutto denaro fatto girare con sistemi di fatturazioni gonfiate e fondi neri all'estero con il solo scopo di ungere le ruote di un ingranaggio legato ai finanziamenti per il Mose, ma che potrebbe essere servito anche per opere complementari come le bonifiche ambientali.

Ma l'attenzione, viste le imprese coinvolte, sarebbe puntata anche sul Passante, sull'ospedale di Mestre o la Pedemontana Veneta fino ai lavori per l'Expo di Milano. Tra gli indagati, con posizione stralciata perchè all'epoca dei fatti ministro all'Ambiente, anche Altero Matteoli che ha sempre negato ogni possibile addebito, come hanno fatto gli altri big finiti nell'inchiesta. Imprenditori minori o delle cosiddette coop rosse faranno da subito le prime ammissioni anche perchè per loro ci sono video ed intercettazioni che non danno scampo.

L'inchiesta intanto va avanti, tra interrogatori e ricorsi al riesame, mentre bisognerà attendere l'11 luglio per conoscere, al di là delle polemiche politiche, la decisione dell'apposita commissione parlamentare sulla richiesta di arresto per Galan, accusato di aver ricevuto una sorta di "stipendio" di circa un milione di euro all'anno oltre ad altri "favori".

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