Scajola e le carte Br su Biagi. L'ex segretario: «Spero che adesso esca la verità». Si indaga per "omicidio per omissione"

Claudio Scajola
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Mercoledì 21 Maggio 2014, 14:59 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 17:26

L'ipotesi di reato su cui la Procura di Bologna ha riaperto l'inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo 2002, omicidio per omissione. L'inchiesta è derivata anche da documenti sequestrati nell'inchiesta sul conto di Claudio Scajola, dai quali emergerebbe che l'ex ministro sapeva delle minacce a Biagi. La Procura, per mezzo del procuratore aggiunto e portavoce della Procura, Valter Giovannini, ha fatto sapere di non avere nulla da comunicare.

Zocchi: «Spero esca la verità su Biagi». «Ho sempre detto la verità e non da oggi. Ho conservato i documenti a mia tutela e li ho messi a disposizione appena mi sono stati chiesti. Auspico che possano concorrere al pieno accertamento della verità». Lo dice l'ex segretario di Scajola, Luciano Zocchi, in relazione ai documenti su Marco Biagi sottolineando che le carte che gli sono state trovate sono sue e non di Scajola. Le ho tenute per dimostrare «la perfetta buona fede del mio operato». Zocchi conferma anche di aver fatto alcune registrazioni di incontri.

Zocchi ribadisce di «aver detto la verità anche nei dettagli» e di aver conservato i documenti «nell'ipotesi che l'autorità giudiziaria venisse a chiedermi conto del mio operato». E, aggiunge, «con il senno di poi posso dire di aver fatto bene a conservare la documentazione, che ho messo a disposizione dell'autorità giudiziaria appena mi è stata chiesta e spero che quei documenti contribuiscano a far emergere la verità sui fatti di tragico rilievo sociale e possano dimostrare la perfetta buona fede del mio operato».

E perchè ha atteso che la venissero a cercare e non è andato prima dai magistrati? «Questo fa parte del segreto istruttorio - risponde Zocchi - posso solo dire che in tutti questi anni non sono stato una statua di sale».

L'ex segretario di Scajola precisa poi che le carte che gli sono state sequestrate «sono mie e non dell'ex ministro e mi sono servite anche allora», quando uscì tutta la vicenda della mancata scorta. Quanto alle registrazioni di cui è in possesso, Zocchi risponde così: «qualche segnale di preoccupazione nel corso del tempo l'ho avuto e ho pensato che fosse bene registrare quello che un domani avrebbe potuto dimostrare il mio buon operare».

Di cosa si tratti, l'ex segretario di Scajola non lo dice, così come non parla degli altri documenti che gli sono stati trovati. «Si tratta di documenti a mia tutela - ribadisce - su questa come su altre vicende sulle quali non posso parlare». Nell'interrogatorio di un anno fa, quando gli inquirenti gli chiesero conto delle registrazioni, Zocchi confermò. E aggiunse: «...per mia sicurezza, sono stato consigliato di registrare... io mi sono fatto una registrazione a mia tutela. Non si sa mai nella vita cosa può succedere. Quindi si può scivolare e finire male». Quindi io e, quindi ho detto "se mi succede qualcosa, qualcheduno tira fuori queste cose e approfondisca l'argomento..."».

Nell'interrogatorio davanti ai pm romani di un anno fa, quando gli furono sequestrati i documenti relativi a Biagi, Zocchi parlò della Relazione Sorge, l'inchiesta interna affidata dall'allora ministro Scajola al prefetto Sorge proprio per capire come andarono le cose sulla scorta. Una relazione che fu secretata dallo stesso ministro e solo con l'arrivo di Pisanu consegnata al Comitato di controllo sui servizi segreti.

In quel verbale, per la gran parte omissato, Zocchi dice tra l'altro che la relazione Sorge è «composta da 57 pagine...è un'intervista a 57 persone. Ecco, io non sono mai stato intervistato dal prefetto Sorge e quindi sarebbe molto importante andare a vedere questa benedetta relazione Sorge». Poi più avanti ritorna sulla vicenda e ribadisce: «io sarei curioso di sapere se il mio nome c'è in quella relazione. Perchè, se c'è, io non sono mai stato intervistato. Se non c'è io la ritengo una omissione, perchè avrei potuto parlare di queste cose e, quindi, mi è stato impedito di farlo. Punto. E, di lì, ho capito allora che queste carte sono importanti».

L'allora segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone fu messo al corrente della vicenda della mancata scorta a Marco Biagi: «gli parlai come ad un padre spirituale in modo molto sommario - dice l'ex segretario di Scajola, Luciano Zocchi - non andai nei dettagli e lui mi disse di agire secondo coscienza».

Della vicenda si parla nell'interrogatorio che Zocchi fece un anno fa in procura a Roma, dopo il ritrovamento dei documenti a casa sua. Ai magistrati l'ex segretario di Scajola racconta di conoscere Bertone da tempo - «ho studiato dai salesiani e lui era rettore» - e dice che in passato l'allora segretario di stato Vaticano lo aveva anche aiutato per delle altre vicende. Poi fa un riferimento alla vicenda Biagi: «delle cose di cui parlavamo prima mi ha detto 'lascia stare non metterti nei guaì, chiuso, basta. E mi ha detto così, amen stop». In quell'occasione, racconta oggi Zocchi, «mi chiese come mai fosse finito il mio rapporto con Scajola. Io spiegai che fu per quella vicenda lì ma non andai nel dettaglio, dissi cose molte sommarie e lui mi rispose di agire comunque secondo coscienza. Gli parlai come fosse un padre spirituale».

Le carte segrete Gli archivi segreti prelevati dalla casa del capo segreteria di Scajola, Luciano Zocchi, rivelano l’esistenza di una segnalazione arrivata all'ex ministro due giorni prima che Biagi venisse assassinato (continua a leggere).

Inchiesta contro ignoti L'inchiesta della Procura di Bologna per omicidio per omissione sulla revoca della scorta a Marco Biagi è contro ignoti. I titolari del fascicolo, il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Antonello Gustapane, devono individuare prima di eventuali iscrizioni al registro degli indagati chi avesse l'obbligo giuridico di impedire l'evento, cioè l'uccisione del giuslavorista.

Documenti al setaccio Inizierà la settimana prossima, probabilmente lunedì o martedì, la trasferta ligure dei pm della Dda di Reggio Calabria per cominciare a prendere visione delle migliaia di carte sequestrate nello scantinato della villa di Scajola ad Imperia. L'inizio dei lavori era previsto per questa settimana ma è slittato per la necessità dei pm di partecipare all'interrogatorio di garanzia di Chiara Rizzo, fissato per venerdì prossimo dopo il rientro in Italia della donna avvenuto ieri sera.

L'interrogatorio della Rizzo Solo dopo avere partecipato a questo appuntamento, il pm della Dda reggina Giuseppe Lombardo il sostituto procuratore della Dba Francesco Curcio, applicato all'inchiesta, e, forse, anche il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho partiranno alla volta di Imperia. Tra l'altro, qualora Chiara Rizzo decidesse di iniziare a fornire la sua versione dei fatti così come ha annunciato, già a cominciare dall'interrogatorio di venerdì, i pm potrebbero avere necessità di compiere ulteriori accertamenti, magari proprio guardando tra le carte contenute negli oltre 100 faldoni trovati nella villa imperiese dell'ex ministro. Tutto il materiale si trova sigillato ancora nello scantinato.

Scajola non in lista con FI Il caso Scajola? «Siamo supergarantisti, ma alcune situazioni, come la casa al Colosseo, hanno dato fastidio ai nostri elettori. Scajola non è nella lista di FI per le Europee. Era mio parere che non lo fosse, Berlusconi lo ha ascoltato ed è stato giusto così». Lo sottolinea a Repubblica Tv Giovanni Toti, consigliere politico di Forza Italia, spiegando come l'esclusione dell'ex ministro non sia stata comunque dovute alle vicende giudiziarie di questi giorni ma al fatto che «il rinnovamento di FI sia iniziato».

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