La segretaria di Scajola: «Quando veniva Chiara Rizzo dovevo lasciarli soli»

Chiara Rizzo al rientro in Italia
di Cristiana Mangani e Sara Menafra
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Sabato 31 Maggio 2014, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 21:13

A fare chiarezza, come sempre, sono le segretarie. E anche nella vicenda Scajola-Rizzo-Matacena, ci voleva Roberta Sacco, fedelissima dell’ex ministro dell’Interno, a confermare quello che le indagini avevano già ampiamente tracciato. Memoriale e verbale di interrogatorio della donna la dicono lunga sulla personalità del ras di Imperia, sebbene lei usi toni sempre molto misurati per descriverlo. A cominciare dal curioso rapporto che il parlamentare del Pdl aveva con la bionda e bella Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena.

I PRANZI IN UFFICIO

«I contatti tra loro, negli ultimi due anni - conferma Roberta - erano periodici, a volte la Rizzo veniva in ufficio per pranzare con Scajola. Le disposizioni impartitemi da lui consistevano nell’allestire il pranzo dopodiché potevo lasciare l’ufficio e tornavo a riordinare all’orario concordato con l’onorevole oppure lui telefonava per dirmi che potevo rientrare in ufficio.... Ma negli ultimi tempi la Rizzo "sfuggiva", non riuscivano più a vedersi. Lui era dispiaciuto e tendeva a voler sapere ogni spostamento di lei per poterne verificare la sincerità». La particolare amicizia tra i due, comunque, provocava disagio alla Sacco. «In un paio di occasioni - chiarisce la donna che ieri è tornata in libertà - gli ho fatto presente che quegli incontri mi creavano disagio verso sua moglie che conosco da anni». Anche se per la signora Matacena, l’ex ministro avrebbe fatto qualsiasi cosa. Non soltanto pranzi in ufficio - ricorda ancora la segretaria - ma fiori inviati ovunque, quando lei era in crociera, biglietti per il Festival di Sanremo. E poi spesso il capo la mandava a prendere a Montecarlo, o ad accompagnarla quando la Porsche Cayenne era dal meccanico. Viaggi che Sacco faceva con la sua Ford Ka, e per i quali - sottolinea - «ho avuto da lui solo una volta 50 euro come rimborso per la benzina e l’autostrada, peraltro insufficienti». «Era chiaro - aggiunge - che teneva molto alla signora e cercava di aiutarla, ma se tra questi modi di aiutarla c’erano anche quelli che dite illeciti, io non sono a conoscenza».

GLI AMICI

Sacco ricorda poi del periodo non proprio florido che l’ex ministro stava passando: «Mi chiedeva di vedere quanto spendeva la famiglia. Economicamente non andava troppo bene». La donna afferma di non conoscere Vincenzo Speziali, l’uomo che secondo la Dia è il trait d’union con il Libano e deve aiutare il parlamentare nel suo progetto di portare Matacena a Beirut con l’asilo politico. È lo stesso Scajola, nel suo interrogatorio, quasi totalmente omissato, a raccontare che Speziali gli aveva proposto «un incontro con Chiara Rizzo e con un consigliere di Gemayel per affrontare l’argomento asilo politico». «Poi il consigliere non è venuto - conclude l’ex ministro - Ed è stato sempre Speziali ad avvertirmi che sarebbe arrivata una lettera da parte di Gemayel. O almeno lui la riferiva a Gemayel. Ricevuta questa missiva ho predisposto un appunto in cui indicavo i punti che Speziali mi aveva detto di portare all’attenzione degli avvocati di Matacena per la procedura di asilo». Negli atti depositati, la famosa lettera c’è. E c’è anche un appunto su carta della Camera dei Deputati dove viene spiegato quale era l’iter per ottenerlo.

IL CASO BIAGI

Ieri, a Bologna, nell’ambito dell’inchiesta aperta sulla mancata scorta al giuslavorista Marco Biagi, è stata sentita dai pm la moglie Marina Orlandi. La signora ha ribadito che il marito era stato minacciato, si sentiva in pericolo, aveva chiesto la scorta, ma ciò nonostante non è stato protetto dalle istituzioni.

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