Sanremo, è la sera dei duetti e della storia. Ecco il programma

Fazio e Littizzetto
di Simona Orlando
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Venerdì 15 Febbraio 2013, 17:25 - Ultimo aggiornamento: 20:14

SANREMO - Venerd Santo del festival, quando si celebra la passione per la canzone italiana. In un Ariston che visto da dentro un terzo di quanto appare in tv, con l’orchestra appesa e sbilenca in una scenografia in stile steampunk, alla Mad Max-oltre la sfera del suono, o simile a un’Aida dell’anno Tremila, i cantanti provano i duetti.

Gli Almamegretta si cimentano in Il ragazzo della Via Gluck di Celentano, presentata nel 1966 e impietosamente bocciata da giuria popolare e di qualità. Raiz non c’è per questioni religiose (osserva lo shabbat ebraico) ma chiama a raccolta le truppe partenopee: James Senese al sax, Clementino alle rime, così il rap viene finalmente ammesso al festival. Dalla finestra, magari per entrare l’anno prossimo dalla porta. Il classico del Molleggiato funziona in stile dub e reggae. Il passaggio in levare finisce con l’invito «Lasciate crescere l’erba» che lanciato da un rastafariano non suona solo come un invito ecologico. Ma questo è il festival dello sdoganamento, dall’omosessualità alla legalizzazione.

Maria Nazionale porta Perdere l’amore, canzone vincitrice nel 1988 sull’ugola in festa di Massimo Ranieri. E’ accompagnata dalla chitarra da Mauro Di Domenico: versione ultraclassica di un classico.

AnnaLisa sceglie Per Elisa: La canzone trionfò nell’81 grazie all’interpretazione intensa di Alice e al marchio di Franco Battiato. Nali, per riuscire a maneggiarla, chiama i rinforzi amichevoli. Arriva Emma, grintosa e vestita da maschiaccio. Appena le due salgono per le prove, parte l’applauso in sala. E quel brano, che un tempo aveva il sapore della new wave e trasmetteva un senso di malessere, qui perde ogni profondità. E’ anticipato da una tromba mariachi, si impenna con le due voci e cancella ogni riferimento alla dipendenza dalla droga.

Chiara si cala in Almeno tu nell’universo: la canzone fu scritta nel ‘72 ma uscì dal cassetto solo nel 1989 e segnò il ritorno al festival di Mia Martini, dopo sette anni di assenza. E’ un grande peso interpretarla. Perché è una splendida canzone, perché era di Mimì ed è impossibile avvicinarsi, e perché l’ultima chiave di lettura, onirica, l’aveva data la brava Elisa. Ma tra tutti quelli in gara, Chiara era l’unica che potesse provarci.

Daniele Silvestri, che di piazze ne capisce, è uno che le frequenta insieme ai cortei e di questo parla la sua A bocca chiusa in gara, affronta Piazza Grande. Dalla la portò a Sanremo nel ’72, condotto da Mike Bongiorno che lo ribattezzò l’uomo dal berretto d’oro. A modo suo ha bisogno di sognare anche lui.

Elio e Le Storie Tese portano Un bacio piccolissimo, anno 1964, interpretato da Robertino. E’ una canzone che si presta alla loro ironia

Malika Ayane interpreta Cosa hai messo nel caffé di Riccardo Del Turco, nel 1969 abbinato al francese Antoine. Malika la rende sua, la fa maliziosa, divertente, affiancata dai due ballerini presenti nel video Tre cose, primo singolo di Ricreazione. Danzano tutti e tre un contenuto tip tap.

Marco Mengoni si infila nel tunnel di Ciao Amore Ciao di Luigi Tenco, brano strettamente legato alla sua morte. La sera del 26 gennaio 1967 Tenco lo portò al Festival, fu eliminato, poco dopo si suicidò nella stanza d’albergo. Non si sa come farà Mengoni a impadronirsene, lo si potrà capire davvero solo stasera, a seconda di ciò che la sua voce trasmetterà. “In un mondo di luci rischia di essere nessuno”.

Marta sui Tubi ripropone Nessuno: Betty Curtis debuttò al festival nel ’59 e da allora la canzone è stata rivoltata da ogni lato. La band qui si fa intelligentemente accompagnare da Antonella Ruggiero, che già collaborò a una simile operazione con i Subsonica su Per un’ora d’amore. Un gioiellino. Nessuno, in questa versione, vive su due estremi: all’inizio rallenta rispetto all’originale, poi velocizza tanto verso il finale e chiude con uno spensierato fischiettio.

Max Gazzè opta per un brano femminile: Ma che freddo fa di Nada, che nel 1966 era sedicenne. E’ un brano ancora attuale, così come Nada è la più moderna della vecchia guardia, la più rock. Gazzè non ha riadattato il testo in versione maschile, anzi sostiene che stasera si vestirà da donna, perché no.

Modà prendono in prestito “Io che non vivo” di Pino Donaggio, canzone che fu anche un caso eclatante. Si piazzò solo settima nel 1965 ma poi la ripresero personaggi come Dusty Springfield e, su tutti, Elvis con il titolo You don’t have to say you love me. Kekko e la sua kricca portano tutto al massimo del pathos, in una versione pomposa, con acuto finale.

Raphael Gualazzi sceglie “Luce (tramonti a nord est)”, brano con cui Elisa vinse nel 2001, scritta con Zucchero e prodotta da Caterina Caselli. Insomma Gualazzi gioca in casa Sugar, e aggiunge un tocco di jazz modale.

Simona Molinari con Peter Cincotti rivisitano “Tua”, del 1959, uno dei primi scandali sanremesi in quanto Jula De Palma, abbinata a Tonina Torrelli, si esibì in modo troppo sexy. Cosa che Simona Molinari ripete volentieri. Cincotti è al piano e il Maestro Franco Cerri è alla chitarra. Jazzissima.

Infine Simone Cristicchi fa sua “Canzone per te”, in gara nel ‘68 interpretata da Sergio Endrigo, composta assieme a Bacalov ed a Bardotti. Il pezzo lo rese famoso nell’America Latina. E’ un vero e proprio omaggio, quasi reverenziale. E non c’era bisogno di aspettare il festival, infatti Cristicchi è uno dei pochi che questo dovuto tributo ad Endrigo lo fa da tempo, senza bisogno di ricorrenze storiche.

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