Roma dimentica il suo passato africano

di Pietro Piovani
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Giovedì 12 Giugno 2014, 07:49 - Ultimo aggiornamento: 14:29
Il miglior gesto di un paese colonialista stata la ns. restituzione dell'obelisco di Axum all'Etiopia La Francia dovrebbe usare una flotta



@renatovico58



Ve lo ricordate l'obelisco di Axum? Per settanta anni lo abbiamo visto con la coda dell'occhio quando passavamo con la macchina sotto la Fao. Qualche volta lo abbiamo usato come punto di riferimento per gli appuntamenti, infatti il protagonista del film "Straziami ma di baci saziami" per ritrovare la sua amata Marisa fa pubblicare un annuncio sul Messaggero in cui la convoca proprio lì, sotto alla stele etiope, e al momento di dettare all'impiegata il testo dell'inserzione si trova in difficoltà con la grafia di Axum («è che sto in pensione proprio da quelle parti, altrimenti avrebbe scelto un obelisco più facile», si giustifica). Nel 2005 l'obelisco è stato finalmente restituito ai legittimi proprietari, cioè al popolo etiope. E adesso al suo posto cosa c'è? La scrittrice Igiaba Scego è andata a vedere, e c'è rimasta male. A piazza di Porta Capena ora ci sono due colonne. E ci sono due targhe. In una si legge una citazione del filosofo Santayana: «Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo». Nell'altra invece si spiega a chi sono dedicate le due colonne: alle vittime dell'11 settembre. Per carità, non c'è niente di male nel ricordare i morti delle Torri gemelle, eppure - osserva la Scego - nel luogo dove Roma ha esposto per decenni un suo bottino di guerra forse sarebbe stata più pertinente un'altra dedica, alle vittime del colonialismo italiano. La scrittrice, che ha origini somale ma si considera romana «al 300 per cento», ci fa notare come la nostra città abbia cancellato dalla memoria i suoi trascorsi africani. Le guerre che portammo laggiù ce le raccontiamo come se fossero state allegre scampagnate, con il sottofondo di qualche canzoncina razzista sì ma simpatica (da "Faccetta nera" alla meno nota "Banane gialle": «La bruna venditrice di banane/ mogadisciane mogadisciane/ ascolta quel ragazzo e si compiace/ perché le piace perché le piace»), e dimentichiamo le stragi, le armi chimiche, gli stupri, o le bambine di dodici anni acquistate per fare le mogli (Indro Montanelli in televisione quasi si vantò di averne comprata una). L'obelisco in fondo, finché stava lì, ci ricordava le nostre colpe. Ma se oggi qualcuno vuole saperne di più dell’epoca colonialista e delle tracce che ha lasciato nella capitale, se vuole leggere la storia della strage di Dogali e della stele con cui è celebrata in piazza dei Cinquecento, o la storia del duca d’Aosta eroe di Amba Alagi e del ponte a lui intitolato, può comprare in libreria il volume "Roma negata", di Igiaba Scego con le foto di Rino Bianchi.



pietro.piovani@ilmessaggero.it