Riforme, Renzi domani vedo Berlusconi e M5S. Boschi: possibile modifica dell'immunità

Maria Elena Boschi
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Mercoledì 2 Luglio 2014, 13:21 - Ultimo aggiornamento: 3 Luglio, 08:40
Il premier Matteo Renzi incontrer gioved Silvio Berlusconi e i vertici del Movimento 5 stelle per discutere di riforme.



C'è «spazio» per fare le riforme e la legge elettorale «sicuramente con Berlusconi che finora ha mantenuto tutti gli impegni, sia pure con qualche dichiarazione di Brunetta che ogni tanto parte per la tangente. Nel merito ci siamo parlati, abbiamo discusso e la vicenda è abbastanza ben incanalata», ha sottolineato Renzi.



«Il sistema elettorale che ha proposto Grillo, il Toninellum o Complicatellum, non sta in piedi, se non dal punto di vista filosofico, perchè è l'unico sistema in cui chi vince non governa», ha poi aggiunto.



«Pronti a incontrare nuovamente la delegazione del M5s. Prima però aspettiamo una risposta pubblica ai dieci punti che abbiamo illustrato ieri nella lettera», dichiara Lorenzo Guerini, vice segretario del Pd. «Dopo questo passaggio, dal Partito democratico massima disponibilità a fissare un nuovo incontro con il M5s e in tempi rapidissimi».



Riforme, Boschi: possibile modifica. «Tutto è sempre possibile in aula, con i relatori ragioniamo sempre su tutto. Ieri c'è stata anche una lettera del presidente Renzi a M5s su questo». Così il ministro Maria Elena Boschi ha risposto ai cronisti che gli chiedevano se il Aula potrebbe cambiare l'articolo delle riforme sull'immunità parlamentare, approvato ieri in commissione.



Il tema dell'immunità, tanto per i futuri senatori che per i deputati, non è chiuso, nonostante la commissione Affari costituzionali del Senato abbia approvato martedì un emendamento dei relatori che mantiene l'attuale situazione anche per il futuro Parlamento. Le soluzioni vanno ancora scritte ma ci sono già ipotesi in campo.



Il ddl del governo sulle riforme manteneva per i deputati l'attuale situazione (insindacabilità delle opinioni e autorizzazione all'arresto e alle intercettazioni), mentre per i futuri inquilini di palazzo

Madama eliminava l'autorizzazione per le richieste di arresto e di intercettazione da parte del Gip. I due relatori, recependo le richieste avanzate nel dibattito, hanno proposto di ripristinare anche per i senatori l'autorizzazione. Il loro emendamento è stato approvato con il parere positivo del governo. Ma nella stessa serata di martedì il premier Renzi, in una lettera a M5s, proponeva di «trovare insieme una soluzione per i membri di Camera e Senato, individuando una risposta al tema immunità che non diventi occasione di impunità».



Se verrà seguita la strada dell'intervento tanto per i deputati che per i senatori, come lascia intendere la lettera di Renzi, si aprono due possibilità. La prima è quella di mantenere solo l'insindacabilità per deputati e senatori, eliminando l'autorizzazione. Ma la logica di sistema richiederebbe un riequilibrio togliendo la giurisdizione domestica ai magistrati, cioè al Csm, per gli aspetti disciplinari. Terreno questo scivolosissimo.



Si sta quindi lavorando al mantenimento dell'autorizzazione a procedere, sulla quale però si dovrebbe pronunciare un organismo terzo rispetto alla Camera o al Senato. Una ipotesi è quella che sia una sezione della Corte costituzionale a decidere sulle richieste d'arresto o di intercettazione. Ma i giudici della Consulta hanno fatto sapere informalmente di non gradire questo compito che potrebbe «politicizzare» la stessa Corte.



Un emendamento di Felice Casson, all'esame di governo e relatori, prevede che la richiesta del gip venga esaminata dalla Camera di appartenenza; in caso di non autorizzazione all'arresto o all'intercettazione da parte di Senato o Camera, il gip potrebbe fare ricorso e solo su di esso si pronuncerebbe una sezione della Corte costituzionale. In questi anni le mancate autorizzazioni sono state pochissime.



Un'altra strada è quella suggerita da Giorgio Tonini: istituire una sorta di Giurì composto da cinque presidenti emeriti della Corte. Quanto alla forma dell'emendamento, questo potrebbe essere proposto dal governo, ma anche da tutti i capigruppo dei partiti che sostengono le riforme, in modo da togliere l'alibi ai dissidenti interni di alzare i toni.



​I dissidenti di Pd e Forza Italia intanto non sfondano. La commissione Affari costituzionali del Senato ha, infatti, bocciato un emendamento alle riforme, presentato da Vannino Chiti, Mario Mauro e altri 35 senatori, che riattribuiva al futuro Senato molte competenze legislative, in modo da ripristinare quasi l'attuale bicameralismo.
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